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Due mesi: ogni anno una madre lavoratrice, rispetto a un padre lavoratore, passa due mesi in più a prendersi cura della famiglia, mentre lui legge, studia, va in palestra, prende una birra con gli amici, fa gli straordinari, gioca a calcetto col capo da cui dipende la sua promozione. Uno squilibrio così sfacciato viene solitamente accettato perché la nostra cultura collettiva si basa su una semplice equazione: donna uguale cura.
Genitori alla pari ci spiega perché questa equazione è sbagliata. E dimostra la necessità di politiche che parifichino il tempo di cura, esaltandone la condivisione. Le proposte di Alessandra Minello e Tommaso Nannicini fanno leva su tanti strumenti – dai congedi paritari a un “tempo di base”, dal sostegno alle imprese a servizi integrati per la genitorialità – e si pongono un obiettivo prioritario: fare in modo che uomini e donne possano investire lo stesso tempo nel lavoro retribuito e in quello non retribuito.
Partendo da un breve quadro in Italia e in Europa della fecondità e delle politiche per le famiglie, gli autori propongono politiche di tipo nuovo, egualitarie e incisive. Danno centralità a un allargamento della popolazione genitoriale, a partire dalle famiglie omoaffettive, e si concentrano sui bisogni delle famiglie in tutte le loro possibili composizioni.
Genitori alla pari propone non solo un cambiamento politico, ma una vera rivoluzione del paradigma culturale con cui pensiamo e viviamo la genitorialità a livello sociale ed economico. Per far sì che, tra tempo e lavoro, trovi spazio la libertà di tutte e di tutti.
Ogni anno una madre lavoratrice passa due mesi in più a prendersi cura della famiglia rispetto a un padre lavoratore.
È tempo non solo di un cambiamento politico, ma di una rivoluzione del paradigma culturale con cui pensiamo e viviamo la genitorialità a livello sociale ed economico.