Nella cultura italiana degli ultimi decenni ha dominato il dibattito sulla ‟crisi della ragione”: attraverso di esso si è preso atto del fatto che non c'è un filo unificante della storia, un sapere globale che riesca a coordinare i saperi particolari in una visione ‟vera” del mondo. Molto spesso, però, se ne è preso atto per istituire affrettatamente nuove forme parziali di razionalità o per avallare improbabili ‟ritorni” a vecchi valori. Questo libro ha tentato di spingersi oltre. Più voci, provenienti anche da campi disciplinari diversi, non necessariamente consonanti tra loro, suggeriscono un approccio più radicale. Quello che qui, con espressione provvisoria, è stato chiamato ‟pensiero debole” è un tentativo di sfondare le resistenze che le immagini ‟forti” della ragione continuano a innalzare. Nietzsche e Heidegger vengono chiamati in causa e messi a loro volta in discussione. Soltanto se ci liberiamo davvero dei fantasmi dell'irrazionalità, potremo infatti cominciare a scorgere un'idea di verità più mobile, più frastagliata, più tollerante: forse meno rassicurante, ma certo più vicina alla nostra realtà, e dunque alla fine più utile.