Le lezioni tenute al Collège de France tra la fine del 1973 e l’inizio del
1974 sono sorprendentemente attuali. Siamo negli anni caldi del dibattito
antipsichiatrico, della rivoluzione manicomiale di Franco Basaglia e degli
esperimenti di Thomas Szasz, di David Cooper e della londinese Kingsley Hall,
uno dei primissimi centri di accoglienza non segregativi. Foucault riprende il
tema della Storia della follia, in cui aveva ricostruito la genealogia
del manicomio e del potere medico-psichiatrico come conseguenza dei progressi
del sapere scientifico. Ma ora è più interessato alle strategie, alle azioni,
agli stratagemmi, ai rituali che hanno permesso agli psichiatri di assumere il
controllo dei corpi. Il modello adottato è quello della guerra: nell’uso
degli strumenti di contenzione o delle docce gelate Foucault riconosce non l’inizio
per quanto brutale di una presa in carico medica, bensì la messa a punto di una
serie di tattiche di assoggettamento dell’altro, tecniche di potere di cui l’ospedale
psichiatrico è solo un laboratorio privilegiato. Ciò che vale oggi per i folli
varrà domani per i delinquenti, per gli irriducibili alla disciplina scolastica
e per tutti coloro che l’organizzazione disciplinare del sociale bolla come
suoi "residui". La progressiva psicologizzazione e normalizzazione
della nostra vita odierna appare come l’epilogo drammatico di questo
progressivo estendersi a tutti gli aspetti dell’esistenza delle tecniche di
controllo nate per "trattare" la follia. E la crisi che attraversa
oggi il mondo "psy" può essere letta come l’inessenzialità di una
professione quando questa è giunta a permeare di sé la società intera.