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Cosa succede quando uno scrittore è costretto dai fan a resuscitare un personaggio? I tredici racconti de Il ritorno di Sherlock Holmes, pubblicati su rivista tra il 1903 e il 1904, rispondono a questa domanda, perché in essi Arthur Conan Doyle riporta in vita il suo detective, dopo che “nessun coroner ne aveva ritrovato il corpo”. Passati tre anni dalla sua lotta con l’arcinemico Moriarty, Sherlock Holmes è pronto a ricominciare il proprio lavoro, per lo stupore del dottor Watson, che rimane il superbo narratore di questi racconti. Tra gli enigmi da risolvere, il complicato delitto di un giovane nobiluomo ucciso in una stanza trovata chiusa dall’interno, un misterioso testamento, strani disegni di omini danzanti da decifrare, professori di tedesco scomparsi e busti di Napoleone ripetutamente distrutti. E, soprattutto, un primo tentativo di pensione per Holmes, “sabotato” dalle richieste del Primo ministro e del Segretario di stato.
L’astuzia deduttiva che contraddistingue le imprese di Sherlock Holmes è, ancora una volta, costruita con estro e perizia da Conan Doyle, che riporta in vita il suo più celebre personaggio con un gioco narrativo ammaliante.
“Holmes!” strillai. “È davvero lei? Possibile che sia vivo?”
Sir Arthur Ignatius Conan Doyle (Edimburgo, 1859 - Crowborough, 1930) fu autore molto prolifico e contribuì a fondare o reinventare generi che spaziano dal giallo al soprannaturale, dalla fantascienza al romanzo …