Attraverso la storia della rovina della propria famiglia narrata dalla giovane Kazuko, il romanzo adombra l'epopea tragica dell'aristocrazia declinante nel Giappone vinto e umiliato dalla guerra, e insieme propone la vivida e più vasta rappresentazione della desolazione spirituale di un paese che ha smarrito i valori della tradizione e va snaturandosi nell'incalzare di una civiltà industriale priva di idealità. Pubblicato nel 1947, un anno prima di annegarsi nel lago Tamagawa a Tokyo, Osamu Dazai vi consegnava un messaggio di disperata rivolta in cui si riconobbe e si identificò un'intera generazione – quella che visse il disordine e lo smarrimento del dopoguerra, nonché la frustrazione precoce delle speranze in un rinnovamento radicale della società. D'altra parte, il successo de Il sole si spegne, il richiamo straordinario che esercitò sul costume oltre che sulla vicenda letteraria giapponese, non si spiegherebbero senza quella potente contaminazione che fa di questa, come di tutta l'opera di Dazai, il riflesso e la cassa di risonanza della sua vita lacerata. Annullando ogni distanza da sé, sottolineando ed esasperando la corrispondenza tra le proprie esperienze e quelle dei suoi personaggi, Dazai trascrive sulla pagina letteraria una sofferenza esistenziale, il ribellismo e l'istinto di autodistruzione suggellati infine dal suicidio.