Kaddish per il bambino non nato

di Imre Kertész

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“Da Auschwitz non si può guarire, dalla malattia di Auschwitz mai nessuno si è ripreso”

Nel culto ebraico, il kaddish è una breve preghiera composta da piccole formule di lode a Dio in lingua aramaica. Ricorre spesso durante le orazioni giornaliere e viene recitata anche in suffragio dell’anima di un parente. La prima parola di questo Kaddish per il bambino non nato è “No!”. È così che il narratore, uno scrittore ebreo ungherese di mezz’età, György Köves, già presente nei due precedenti romanzi della trilogia kertésziana, risponde a un conoscente che gli chiede se ha un figlio. È la stessa risposta data alla moglie (ora ex moglie) quando, anni prima, lei aveva espresso un desiderio di maternità. La perdita, l’anelito, il rimpianto che tormenta gli anni tra i due “no” dà luogo a una delle meditazioni più eloquenti mai scritte sull’Olocausto. Mentre il narratore si rivolge al bambino che non si è sentito di mettere al mondo, introduce il lettore nei labirinti della sua coscienza, drammatizzando i paradossi che accompagnano la sopravvivenza alla catastrofe di Auschwitz. Il terzo e ultimo romanzo della trilogia dell’“essere senza destino” di Kertész nella quale il Premio Nobel esplora la possibilità di continuare a vivere a dispetto dell’orrore della storia. 

 
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Imre Kertész

Imre Kertész (1929-2016), nato a Budapest, è stato deportato nel 1944 ad Auschwitz e liberato a Buchenwald nel 1945. Tornato in Ungheria nel 1948, ha lavorato prima come giornalista, poi …

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La nostra Shoah. Zoom su Carlo Greppi

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«Il passato è un bacino inesauribile di vicende da scovare, ricostruire e raccontare» - dice Carlo Greppi, autore dell'ebook La nostra Shoah. Italiani, sterminio, memoria, Zoom Macro. - «Nel caso del periodo di cui mi occupo con maggior costanza, le storie che leggo e ricostruisco sono degli spaccati di umanità irrinunciabili».

Uno spettacolo da Kaddish per il bambino non nato

A Milano, dall’1 all’11 febbraio 2007, in scena Kaddish per il bambino non nato, uno spettacolo tratto dal romanzo di Kertész che chiude la trilogia dell’‟essere senza destino”. Con Ruggero Cara. Una galleria di immagini.
La voce dei sopravvissuti

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"Vieni dalla Germania, giovanotto?".
"Sì."
"Dal campo di concentramento?"
"Naturale."
"Da quale?"
"Da quello di Buchenwald."