Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
“Morire è già fatto pauroso in sé, ma la coscienza di essere morti sarebbe assai più terribile.”
La storia narrata in La civetta cieca è, fondamentalmente, una storia d’amore: ma una storia oscura e allucinata, che risveglia immagini da incubo dalle profondità dell’inconscio. Un giovane, un vecchio e una bellissima ragazza mettono in scena un rituale di distruzione che procede a mano a mano che il narratore, e il lettore con lui, scopre il significato che si nasconde nei sogni. Un romanzo di grande originalità, una sorta di taccuino visionario in cui il fascino del mistero si mescola al terrore dell’angoscia più soffocante per dare vita a un vero capolavoro della letteratura persiana contemporanea. Pubblicato in origine nel 1936 a Bombay, La civetta cieca uscì in patria solo nel 1941 a causa dei timori dell’autore, che paventava gli scandali e le sanzioni della censura. Le allucinazioni del romanzo sono state spiegate dai suoi critici come conseguenza dell’intossicazione da oppio, di cui Hedayat fece uso continuo e disperato, almeno fino all’incontro con la cultura indiana. Ma, certamente, leggendo le sue opere, si coglie anche il fascino della discendenza dai grandi scrittori che mille anni fa fecero della Persia la terra dei poeti. Assieme a La civetta cieca anche la raccolta Tre gocce di sangue: i sette racconti più significativi di questo autore, in cui si dispiega maggiormente il connubio tra l’indiscutibile eredità delle tradizioni orientali e gli autori europei.
Sadeq Hedayat, nato a Teheran nel 1903, completò i suoi studi a Parigi, dove aveva anche avuto inizio la sua carriera letteraria. Tornò in patria nel 1930, ma non resistette …