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Al centro di questo libro c’è il rapporto della vita umana con
l’esperienza traumatica della perdita. Un’esperienza che ci accomuna
tutti, tanto che potremmo dire che non si può pensare la vita senza
avere contezza del suo opposto, la morte. Ma, quando perdiamo qualcuno
che abbiamo profondamente amato, ci sembra che si apra davanti a noi un
vuoto dentro cui è impossibile ritrovare coordinate e direzioni. Quanto
lavoro serve per tornare a vivere? E cosa succede quando non ci
riusciamo? Ragionare su queste domande significa iniziare un percorso
dentro noi stessi.
Attraverso un vero e proprio “lavoro del lutto”,
Recalcati si addentra nello squarcio che la perdita apre tra il mondo
dei vivi e quello di chi non c’è più, e ne tira fuori una serie di
riflessioni che di quel dolore fanno una risorsa. Infatti, mentre il
nostro tempo esalta il futuro, il progetto e l’intraprendenza, il lutto e
la nostalgia ci invitano invece a guardarci indietro. Ma non è un gesto
di impotenza. Come la luce delle stelle che vediamo la notte appartiene
a corpi celesti esplosi milioni di anni fa, così anche il dolore per la
perdita dei nostri cari può continuare a illuminare la nostra strada,
alimentando le risorse che ci servono per non smettere mai di nascere,
ancora e ancora.
“Può la luce arrivare dal passato? Può esserci luce nella polvere?”
Massimo Recalcati, psicoanalista tra i più noti in Italia, dirige l'Irpa (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) e nel 2003 ha fondato Jonas Onlus (Centro di clinica psicoanalitica per i …