La solitudine del cittadino globale

di Zygmunt Bauman

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Le politiche neoliberiste degli ultimi vent'anni hanno posto le condizioni per lo sgretolamento del tessuto sociale, esaltando la libertà dell'individuo a scapito della dimensione collettiva. Ma un simile libertà, basata sull'assenza di limiti, sul disinteresse al bene comune e sul conformismo, è in realtà illusoria per la sua sudditanza ai modelli e ai consumi imposti dal mercato, e ha come conseguenza l'aumento dell'impotenza collettiva e la paralisi della politica, diventata sempre più locale e insignificante. Da qui, afferma Bauman, deriva la tormentosa sfiducia esistenziale che caratterizza l'uomo dell'Occidente, il suo senso di solitudine e di precarietà: come i passeggeri di un aereo che si accorgono che la cabina di pilotaggio vuota, e che la voce rassicurante del capitano era soltanto la ripetizione di un messaggio registrato molto tempo prima. E non servono a molto i tentativi dei governi di concentrare questa inquietudine sul solo tema della sicurezza personale. Si fa sempre più urgente, invece, la necessità di ridare il giusto spazio alla collettività e ridefinire la libertà individuale partendo dall'impegno collettivo. La politica deve ritrovare il suo spazio. Bauman lo individua nell'antica agorà, luogo privato e pubblico al tempo stesso. Qui l'uomo occidentale potrà tornare a interrogarsi, e le sofferenze private potranno essere finalmente pensate e vissute come problemi condivisi, comuni e politici.

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Zygmunt Bauman

Zygmunt Bauman (1925-2017) è stato professore emerito di Sociologia nelle università di Leeds e Varsavia. Tra le sue più importanti opere in italiano: Modernità e Olocausto (il Mulino, 1992), Il …

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