Un filo ininterrotto collega questo nuovo libro di Eugenio Borgna ai suoi
precedenti: la profonda convinzione che le conoscenze mediche non bastino a
scandagliare la malattia psichica e che per comprendere l’interiorità di chi
soffre, al fine di alleviarne il dolore, occorra attingere ad altre aree
conoscitive, quelle filosofiche e letterarie in primo luogo. Dimensione somatica
e dimensione umana devono dialogare per riuscire a cogliere la storia clinica di
un paziente, che è anche storia di vita, modo di essere e di vivere dotato di
autonomia e interna articolazione di senso. Di qui l’inefficacia e la
sterilità, discussa in apertura del libro, di una psichiatria che si riduca a
neuroscienza o a semplice cura farmacologica. Di qui gli squarci e le intuizioni
che l’analisi di grandi testi letterari e poetici come quelli di Dostoevskij e
di Sylvia Plath consentono per gettar luce su esperienze soggettive di epilessia
e angoscia. E di qui anche lo struggente catalogo dei sentimenti e della loro
interpretazione che, a partire da L’arcipelago delle emozioni, Borgna va
costruendo. Le intermittenze del cuore, come ci ha insegnato Proust, sono quei
soprassalti straordinari che nello scorrere di una vita normale ci riportano
improvvisamente a eventi, cose o persone del passato rimaste nell’ombra,
marginali, e che aprono una prospettiva sfuggente e rivelatrice al di là del
fluire irreversibile del tempo. Sono momenti di rottura, cambiamento,
metamorfosi, come si danno anche in certe forme di depressione e angoscia, nei
mutamenti dell’adolescenza e perfino in certi riassestamenti di identità
seguiti a trapianti d’organo. "Far lievitare la vita interiore, coglierne
le sfumature," scrive Borgna, "ci aiuta a capire e analizzare le
incrinature e le trasformazioni emozionali che nascono negli altri-da-noi."