Era stato un caso, ma anche un segnale, che Imre Kertész fosse a Berlino quando seppe, quattro anni fa, di aver vinto il premio Nobel. Deve alle traduzioni in tedesco, e ai giornali tedeschi, se il suo primo romanzo, Essere senza Destino, è diventato noto nel mondo. Ma alla Germania Kertész deve anche il suo "tema", l´oggetto sempre uguale e sempre variato di tutti i suoi libri: Auschwitz. In Essere senza Destino è un ragazzo che guarda negli abissi della degradazione umana (l´autore fu deportato a Auschwitz a quattordici anni e mezzo e di lì trasferito a Buchenwald dove fu liberato un anno dopo). Liquidazione è il primo romanzo scritto dopo il Nobel. Quarant´anni dopo Auschwitz, un uomo di nome B., scrittore e traduttore dal tedesco come Kertész, si uccide. Lascia due donne, Sara, l´amante, e Judit, la moglie molto amata che l´aveva abbandonato dicendogli: "Hai sicuramente ragione, B., il mondo è un mondo di assassini, ma io non voglio vedere il mondo come un mondo di assassini, io voglio vedere il mondo come un luogo dove si può vivere". Kertész documenta il crollo dell´anima, della cultura lui dice, "nel mondo del lager", che è stato per lui prima il campo di sterminio e poi lo stalinismo. "La convivenza civile si fonda unicamente sull´accordo non scritto che gli uomini non si accorgano che la nuda vita significa più di tutti i valori proclamati. Il terrore spinge l´uomo in situazioni in cui giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, solo questo diventa evidente - e allora non si può più parlare di cultura". Ma il passaggio dal lager dello sterminio a quello dello stalinismo potrebbe alla fine avergli salvato la vita, ci avverte Kertész. Diversamente da altri sopravvissuti ad Auschwitz che arrivarono in società libere, e misero fine alla loro vita con le loro mani, come Primo Levi, Jean Améry, o Paul Celan, la continuazione della prigionia gli ha impedito di farsi qualsiasi speranza, "prima di venir raggiunto dall´ondata delle delusioni". L´estrema gentilezza di Kertész, il suo calore umano, la sua simpatia sembrano contraddire il pessimismo dello scrittore. "Tutti me lo dicono" sorride lui. "Forse nello scrivere uno rovescia gli aspetti più bui dell´esistenza e qualcosa di costruttivo viene fuori".