Luisa è impiegata come capocontabile in una fabbrica di giocattoli del Nord Italia. E' una donna di sessant'anni, energica e dolce, molto stimata nel lavoro. Vive in centro, in un piccolo appartamento ereditato dai genitori, scomparsi da molti anni. La sua solitudine (Luisa è divorziata) è popolata da pensieri semplici e profondi, da ricordi belli e brutti. Nel complesso è convinta di aver avuto una bella vita: è serena, abitudinaria, dispiaciuta soltanto di non aver fatto studi universitari.
All'improvviso accade qualcosa, un grumo di segnali incomprensibili la mette in ansia. Oscure presenze invadono la sua casa: il telefono squilla a vuoto, i ragazzi del bar di sotto la torturano con il chiasso e il rombo delle motociclette; il corpo perde l'abituale efficienza, il carattere quella tranquillità di fondo. Il suo rifiuto delle cure e dell'aiuto degli altri ha motivazioni profonde, e non ha niente di ideologico. Anche il suo coraggio, che può sembrare sovrumano, si fonda in realtà sull'uso consapevole delle sue debolezze. Le sembra più facile fare tutto da sola. Succede allora che lo sprofondare nel buio del suo destino si muta in qualcosa di inatteso, in una sorta di serenità dolente. Non ci sono soltanto rumori strazianti e sgradevoli, in una città: se si fa attenzione si può ascoltare il canto degli uccelli, si possono percepire figure che altri non vedono.