Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
“Non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato, immaginato, sperato, dimenticato.”
Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni. Timpamara è un paese così da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera della regione, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio. E di quel paese Astolfo Malinverno è il bibliotecario, finché un giorno il messo comunale gli annuncia che al suo abituale impiego affiancherà quello di guardiano del cimitero. Lettore dalla vivida immaginazione, Astolfo mescola le storie dei romanzi con quelle dei compaesani, dei forestieri, dei fruitori della biblioteca e dei visitatori del cimitero, dei vivi e degli estinti. A incuriosirlo è soprattutto una lapide senza nome e senza date: solo una fotografia di donna, sguardo candido e franco, incarnato pallido e capelli divisi in due bande liscissime. Per lui è da subito la sua Emma Bovary. Attratto dal mistero racchiuso in quel volto, Astolfo si trova a seguire il filo che sembra dipanarsi dalla fotografia per vivere in prima persona una storia che mai avrebbe saputo immaginare.
Domenico Dara unisce il talento dei narratori orali a una scrittura sospesa nel tempo: Malinverno è un romanzo pieno d’incanto sul potere dei libri, delle storie, dell’immaginazione, dell’amore.
Domenico Dara (Catanzaro, 1971) vive e lavora tra Valbrona, in provincia di Como, e Milano. Cresciuto a Girifalco, ha studiato alla facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa, dove si …