Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
di Paolo Godani
Non vi è forse epoca senza melanconia, senza una profonda tristezza individuale, senza un tormento interiore, un dolore dell’anima. Vi è, però, un’epoca in cui la melanconia cessa di essere un semplice sentimento individuale e diventa il tratto fondamentale della vita: la modernità. È solo nel mondo moderno, infatti, che la melanconia si accompagna a una radicale perdita del senso del mondo.
Perché questo esito? Perché nell’epoca del desiderio, della prassi, della tecnica, della produzione generalizzata si assiste a una diffusione epidemica della melanconia? Perché, a partire dagli ultimi due secoli e, in modo particolare, nel XX, la melanconia cessa di essere un fenomeno di natura “personale” e diventa un evento sociale, culturale, storico e persino metafisico?
Queste sono le domande da cui muove Melanconia e fine del mondo, un libro in cui Paolo Godani conduce i lettori in un vertiginoso viaggio alla ricerca di concetti fondamentali quali il corpo, la finitudine, il vivente.
La modernità è l’epoca in cui ogni essere viene concepito come un’entità vivente, finita, effimera, assediata senza sosta dal pericolo della dissoluzione e della morte, in perenne lotta contro le altre entità per la sopravvivenza. La “vita” per una simile entità sostituisce gli antichi concetti di “essere” e “natura”. L’esistenza che, nel mondo premoderno, veniva pensata come appartenente all’eternità del cosmo, viene isolata dal tutto e chiusa nella sua finitudine, nella sua corporea mortalità.
Di qui il sentimento tipicamente moderno della melanconia, dettato dalla convinzione che ognuno di noi viva sostanzialmente all’interno di sé, separato dal tutto, determinato da tendenze o pulsioni che definiscono la nostra unicità e che la espongono costantemente alla percezione di un mondo privo di senso.
“La sfida non è di poco conto, perché ne va di ciò che siamo e di ciò che potremo essere. È necessaria, per cominciare, tutta un’educazione metafisica, percettiva, sentimentale. Un’esperienza, non religiosa ma mondana, dell’indistruttibile.
Una nuova sensibilità per le cose del mondo, capace di ridare serenità a uno sguardo, il nostro, da troppo tempo affiso alla catastrofe.”
Hanno detto dell’opera di Paolo Godani:
“Lavoro serrato, metafisica dura, che attraversa un poderoso corpus filosofico per smontare la graniticità della singolarità, stella polare del contemporaneo che vive il comune al massimo come una cessione di sovranità.” - Giovanna Ferrara, il manifesto