Paolo ha otto anni, ama il calcio e va pazzo per i Pokémon e gli hamburger di McDonald’s, ma sulla sua infanzia aleggia una presenza misteriosa e molto ingombrante: Geova. Suo padre, che di lavoro fa l’architetto, ne è un Testimone devoto, sua madre invece non ammette nessun amore superiore se non quello per i libri – prima aveva una piccola libreria femminista, ora insegna lettere a scuola – e, soprattutto, per le persone che le stanno a cuore. E così la crescita di quel bambino romano dal carattere docile e curioso si accompagna a un secondo mistero. Quello di quei due genitori che, pur divisi da una religione così spesso offerta a caricatura, continuano a stare insieme. A casa di Paolo il rispetto si mescola all’ironia, principale arma della resistenza materna. Ma il bambino, volendo bene al papà, desidera assecondarlo in quella fede che farebbe di lui un’anima destinata alla vita eterna, anzi a diventare “l’Eletto”, come lo prendono in giro i miscredenti in famiglia. Cosa succede, allora, quando certe piccole disillusioni e poi l’adolescenza con la sua spinta verso gli “atti impuri” lo allontanano inesorabilmente dal Dio di suo padre ma non dalla vicinanza che prova per lui?
Con limpido affetto il protagonista racconta di sé e dei suoi familiari, mentre, crescendo, perde la fede paterna ma a poco a poco trova la propria strada e la propria voce.
Con questo suo primo libro – che è romanzo di formazione, memoir e racconto famigliare – Paolo Valoppi ci consegna la sua storia: una storia diversa e vera sul diventare grandi, narrata con rara delicatezza unita a una comicità irresistibile e vitale.
D’accordo tra loro, i miei fratelli presero presto a chiamarmi “l’Eletto”. Colui che, nella speranza di mio padre, poteva ancora essere convertito. Io ero quello che avrebbe ereditato la fede, i principi biblici e una interminabile sequenza di citofoni a cui andare a suonare ogni domenica mattina.
“Con scrittura felice e umorismo arguto, venato di malinconia lieve, Mio padre avrà la vita eterna ci proietta verso segreti di cui non si potrebbe parlare.”
Ilaria Gaspari