Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
“Dell’amore avevo paura: non osavo amarti; nell’amore ci sono reciprocità, uguaglianza, e io di ciò non ero degno…”
In una nuova traduzione, il romanzo che Dostoevskij stava scrivendo al momento del suo arresto per mano della polizia zarista. Le prime tre parti di Netočka vennero pubblicate all’inizio del 1849: a fine aprile Dostoevskij fu arrestato, condannato a morte, graziato mentre già si trovava sul patibolo. A ciò seguirono la deportazione, i lavori forzati, il confino: dieci anni nel buio della steppa, a cercare la luce; dieci anni dai quali Dostoevskij fece ritorno profondamente mutato, colmo di nuove idee, nuove passioni e intuizioni. Le altre parti del libro non vennero mai scritte: l’aprile del 1849 segnò davvero la cesura fondamentale della creatività dostoevskiana. Dopo, nulla sarebbe più stato lo stesso, nulla di quanto prima era stato progettato sarebbe più stato realizzabile. Netočka Nezvanova ci si offre così come straordinario esempio di un’opera “di confine” tra due mondi, con pagine di impressionante efficacia, di sconvolgente verità, che preludono ai grandi romanzi del periodo maturo. Netočka è l’esclusa, è colei che non è invitata al banchetto della vita, e che dal suo cantuccio è destinata a scrutare il mondo, degli adulti di casa prima, degli estranei di fuori poi. Un Dostoevskij al femminile, dunque, che però intreccia all’analisi del mondo interiore della bambina le tematiche tipiche del suo primo periodo, quello a suo modo “romantico”, nel quale ragiona ancora sul ruolo dell’artista.
Fëdor Dostoevskij (Mosca, 1821 - San Pietroburgo, 1881) è uno dei cardini della letteratura e del pensiero ottocenteschi, portavoce di uno scavo psicologico lucido e infuocato che ha contagiato profondamente …