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Billie ha quattordici anni e vive con la madre in un caseggiato di periferia, una piccola città colorata di cinque stabili disposti a semicerchio. Ogni mattina Marika, sua madre, esce dall’edificio dipinto di giallo e va a fare le pulizie in un grande cubo di vetro, pieno di gente in completi costosi che la guarda come si guarda un carrello o una pianta.
Il loro appartamento è in cima al palazzo, al piano che dà sull’autostrada vicina. È così piccolo che d’estate Marika piazza due sedie sul ballatoio per prendere il fresco. Difficile vivere in un posto simile, vero? Sì, ma in quel caseggiato Billie è la ragazza più felice del mondo. Chi ha, infatti, una madre che la sera lavora come cameriera in un bar del centro indossando una maglietta tempestata di paillettes, jeans attillatissimi e stivali da cowboy? Una madre con cui poter sguazzare a piedi nudi nelle pozzanghere quando piove e tuffarsi da una piattaforma di dieci metri? Una madre, infine, con cui condividere sogni e speranze? Chi ha poi amici come Ahmed, il vicino che profuma di sapone e di tabacco da narghilè e ha le ciglia più lunghe di tutti nel caseggiato? O come Luna, che lavora al solarium, possiede infradito di tutti i colori dell’universo e sogna di sposare un uomo che le paghi i debiti? Basta accogliere con gioia quello che si ha: ecco quello che ha imparato Billie nella piccola città colorata di periferia.
Un giorno, però, arriva dall’Ungheria la nonna, e la vita povera ma gioiosa di madre e figlia diventa un ricordo del passato. Dolore e lutto irrompono nell’esistenza di Billie. E ciò che prima non era contemplato, il sentimento della mancanza, affiora per la prima volta con ferocia. Billie decide che è giunto il momento di fare i conti con la figura assente da sempre nella sua vita: il padre mai conosciuto. Con una parrucca azzurra in testa, una fotografia in mano e gli stivali da cowboy di sua madre, parte alla sua ricerca.
“Quattordici anni è un’età schifosa… Il dolore va e viene come il flusso e il riflusso delle maree, ma non scompare mai.”
Una madre single, una figlia adolescente, la loro vita fatta di piccole cose e di uno struggente amore reciproco nutrito da un sogno: partire in vacanza insieme verso il mare.
“Paradise Garden è uno dei migliori romanzi dell’anno. Elena Fischer racconta la storia della quattordicenne Billie, che sembra non avere più radici in questo mondo, in un modo incredibilmente bello e struggente.” Die Zeit
“Questo romanzo è un piccolo miracolo, una grande sorpresa.” Claudio Armbruster, ZDF heute journal
“Un dramma familiare tanto commovente quanto irresistibile.” Katharina Teutsch, Frankfurter Allgemeine Zeitung
“Una voce che si lascia seguire come per incanto per le sue acute osservazioni e il grande talento narrativo.” Maja Hattesen, SWR Kultur