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Duarte è uno scrittore alle prese con le ossessioni di una vita che si sta per concludere: i fantasmi familiari (una madre bellissima, libertina e malata, un padre suicida, irreprensibile servitore dello stato), i divorzi da due donne agli opposti (una, traduttrice, paradigma dell’intellettuale sensibile e competente, l’altra, designer arrivista e modaiola), un figlio difficile, una sessualità imprigionata nella fatale esitazione fra Eros e Thanatos e soprattutto la scrittura – e l’incapacità di ritrovare l’ispirazione – come metafora del declino. Lo sfondo della vicenda di quest’uomo malinconico e a suo modo irresistibile è una Rio de Janeiro contemporanea, a cavallo tra il 2018 e il 2019, descritta nei suoi contrasti più stridenti: il quartiere esclusivo del Leblon, dove vive il protagonista, le sue spiagge circondate dalla corona di favelas inerpicate sulle colline circostanti: bellezza e marginalità, aspirazioni e frustrazioni di un luogo ancora intrappolato nelle sue antiche piaghe. Intorno a lui, a mo’ di disingannato contrappunto alla sua parabola discendente, quella gente: il Brasile di oggi, il potere di una classe dominante sfrenata, incolta, disinibita e terribilmente immorale.
“Ormai senza speranza, contemplo la hostess che mi fa il segno della croce sulla fronte e sussurro: mamma. È stato questo il mio ultimo soffio di vita, e mi sveglio all’improvviso arrotolato nelle lenzuola con la televisione accesa: a partire da oggi, per decreto presidenziale, posso tenere in casa quattro armi da fuoco.”
Chico Buarque de Hollanda, nato a Rio de Janeiro nel 1944, è conosciuto come uno dei più grandi cantautori della musica popolare brasiliana. Figlio dell’illustre pensatore, storico e critico letterario Sérgio …