Questo testo, la cui stesura risale a un periodo compreso tra l’ottobre e il novembre 2001 (Pierre Bourdieu è morto il 23 gennaio 2002) ma su cui lavorava da parecchi anni, è stato concepito durante le lezioni al Collège de France. Bourdieu aveva deciso di tenere il suo ultimo corso sottomettendosi in prima persona, quasi un’ultima sfida, all’esercizio della riflessività, che in tutta la sua vita aveva eretto a uno dei preliminari indispensabili della ricerca scientifica. Questo progetto, quanto mai paradossale, di prendere se stesso come oggetto della propria osservazione, implicava l’impresa assolutamente inedita di misurare la conformità ultima del ricercatore alla sua concezione della verità scientifica, insieme alla volontà di offrire una sorta di garanzia estrema del carattere scientifico di tutta la sua opera. Non un’autobiografia dunque, genere che Bourdieu aborriva giudicandolo falso, ma un vero e proprio studio delle costellazioni di gusto, delle pratiche culturali e delle strategie professionali che ne avevano formato la traiettoria sociale. Libro non facile, ci restituisce tuttavia anche il clima, le atmosfere e i personaggi che hanno animato la vita culturale della Parigi dal dopoguerra ai nostri giorni.