Peppe Lanzetta ha scritto queste ballate, le ha lette, le ha recitate, le ha trasformate in performance, e infine le ha lasciate cadere sulla pagina come si lascia cadere una bomba, una speranza, un dono. Lanzetta non è uno scrittore ‟laureato”, scrive di pancia, scrive come ama e come odia. È, nella più ampia accezione, un poeta mediterraneo. Anche in queste ballate che talora evocano una melodia sotterranea e talora picchiano duro come le sue pagine narrative, si avverte la forza dello scrittore di istinto. Ci racconta di vite malvissute, di sbronze, di gesti disperati, di amori che salvano e amori che distruggono, inventa personaggi, disegna ritratti di amici, colora come un pittore espressionista la sua Napoli marginale e crudele. Passano dentro questo orizzonte eventi che hanno scosso la coscienza civile: Genova del G8, l'attacco alle Twin Towers, la guerra in Afghanistan. Attualità e realtà, utopia e rabbia fanno corpo intorno a un io che sembra sempre alludere a un grande ‟noi”, a un coro mediterraneo che chiede i suoi sogni rubati con la stessa urgenza con cui si chiede giustizia e libertà.