Antonio Albanese racconta il suo primo romanzo.
"Il desiderio di scrivere questo romanzo arriva da molto lontano, dal ricordo sbiadito di uno zio che, quando ero bambino, mi raccontò la sua fuga da un campo di...
Da Mazzini a Mussolini, da Garibaldi a D’Annunzio, dai partigiani della Resistenza rossa e dell’“occasione perduta” ai neofascisti e ai brigatisti, i ritorni di fiamma sono una cifra di lungo periodo della storia d’Italia. Nel fare l’Italia e nella dialettica tra Stato e Nazione, a ogni svolta epocale – dall’Italia liberale a quella fascista, a quella repubblicana – si sono riproposti fronti alternativi inconciliabili, con i corrispondenti miti e politiche della memoria. Dall’eterna contrapposizione tra guelfi e ghibellini a quella tra repubblicani e monarchici, neutralisti e interventisti, fascisti e antifascisti, terroristi e vittime del terrorismo. Si fa l’Unità, ma Garibaldi è un vincitore-vinto; si vince la Grande guerra, ma è una “vittoria mutilata”; il fascismo prende il potere, ma tradisce la rivoluzione; la repubblica nasce dalla Resistenza, ma al governo va la Democrazia cristiana.
La nostra storia è piena di svolte deludenti per tanti, alcuni dei quali reagiscono spezzando la propria vita in due, un prima e un poi, e saranno gli “ex”; altri rivolgendo invece lo sguardo indietro, in una lunga serie di ritorni di fiamma. Le rispettive identificazioni hanno dato luogo a narrazioni individuali e racconti collettivi, in forma principalmente di finzione teatrale e memorialistica, con una rilettura a posteriori della propria rotta esistenziale. Le soggettività che si negano al fluire del tempo – intrecci di nati troppo tardi/nati troppo presto – hanno messo in scena così le loro recite, sul palco e nella vita, reinterpretando sé e la propria storia in un contesto però mutato. Sono state le riproposizioni di conflitti non sanati a favorire in molti la restaurazione di un’identità ormai appartenente al passato, quella di un’altra generazione o della propria giovinezza, rispolverando il “come eravamo”, che sottende un “come saremmo potuti diventare” se le cose fossero andate in un altro modo. È la testimonianza, fra il tragico e il farsesco, di itinerari, individuali e collettivi, inceppati, ma anche un passaggio di testimone identitario, che non si risolve, tra generazioni.
Mario Isnenghi, uno dei più autorevoli storici italiani, è professore emerito dell’Università di Venezia, e presidente dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea. Studioso della storia …