Antonio Albanese racconta il suo primo romanzo.
"Il desiderio di scrivere questo romanzo arriva da molto lontano, dal ricordo sbiadito di uno zio che, quando ero bambino, mi raccontò la sua fuga da un campo di...
di Jan Kott
È possibile accostarsi a Shakespeare come a un contemporaneo senza falsare quei valori storici dai quali tuttavia non può prescindere la lettura di un testo poetico? Non solo è possibile, risponde Jan Kott, ma è questo l'unico modo di comprendere il grande drammaturgo elisabettiano. L'originalità dell'interpretazione passa attraverso questa intuizione di fondo: l'uomo, stritolato nell'ingranaggio della storia, ritrova la propria dimensione umana, la dimensione dell'intelligenza, interrogandosi sul senso della vita e sul proprio destino. Lo Shakespeare che esce da questo libro, secondo quanto scrive Mario Praz nella Prefazione (che è di per sé un interessantissimo saggio sulla critica storica e sulla critica valutativa), è ‟quale lo può vedere oggi un lettore e uno spettatore saturo dei drammi di Samuel Beckett e di Berthold Brecht”. ‟Il merito di Kott,” conclude Praz, ‟è di aver dato all'opera shakespeariana un significato vibrante di sensibilità moderna, un'interpretazione valida come critica per alcuni o molti contemporanei, e come documento di storia del gusto per coloro che verranno dopo di noi.”
Jan Kott (1914-2001), docente di Letteratura all’Università di Varsavia, si è trasferito nel 1967 negli Stati Uniti. Critico letterario e teatrale, saggista e traduttore, tra l’altro di Sartre, Diderot, Ionesco, …