Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
di Jan Kott
È possibile accostarsi a Shakespeare come a un contemporaneo senza falsare quei valori storici dai quali tuttavia non può prescindere la lettura di un testo poetico? Non solo è possibile, risponde Jan Kott, ma è questo l'unico modo di comprendere il grande drammaturgo elisabettiano. L'originalità dell'interpretazione passa attraverso questa intuizione di fondo: l'uomo, stritolato nell'ingranaggio della storia, ritrova la propria dimensione umana, la dimensione dell'intelligenza, interrogandosi sul senso della vita e sul proprio destino. Lo Shakespeare che esce da questo libro, secondo quanto scrive Mario Praz nella Prefazione (che è di per sé un interessantissimo saggio sulla critica storica e sulla critica valutativa), è ‟quale lo può vedere oggi un lettore e uno spettatore saturo dei drammi di Samuel Beckett e di Berthold Brecht”. ‟Il merito di Kott,” conclude Praz, ‟è di aver dato all'opera shakespeariana un significato vibrante di sensibilità moderna, un'interpretazione valida come critica per alcuni o molti contemporanei, e come documento di storia del gusto per coloro che verranno dopo di noi.”
Jan Kott (1914-2001), docente di Letteratura all’Università di Varsavia, si è trasferito nel 1967 negli Stati Uniti. Critico letterario e teatrale, saggista e traduttore, tra l’altro di Sartre, Diderot, Ionesco, …