Il ritorno di Lorenzo Marone
Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere...
“Ho sentito che nel crollo hai perso parecchio.” “Sì, ma tutto quello che desideravo l’ho perso con il boom.”
Diciotto racconti, l’ultima e forse la più interessante delle quattro raccolte che Fitzgerald curò in prima persona. Protagonisti sono bambini, ragazzi, uomini e donne le cui vicende si susseguono come se appartenessero a un’unica esistenza “fuori fuoco” che, per fluttuazioni emotive, errori di percezione, ricordi imperfetti e aspirazioni irragionevoli, non riesce ad aderire a una realtà distante, opaca e inafferrabile. In questo modo l’autore cattura e rende vivida sulla pagina la fine dell’età del jazz in un volume che fin dal suo titolo – il silenzio è, in gergo militare, lo squillo di tromba suonato al crepuscolo, durante l’ammainabandiera, mentre il risveglio è, all’opposto, il richiamo utilizzato per svegliare le truppe all’alba – dà il tono di una nuova era in chiave minore. Finita la festa sfrenata e fiduciosa degli anni venti, scemata l’euforia dell’alcol, rimangono i postumi della sbornia, dolorosi e ineludibili. Tutto appare pericolosamente in bilico, in un mondo sconvolto dalla crisi economica e dalla Grande depressione che, dopo il 1929, travolsero non solo i mercati ma le esistenze di un’intera generazione. Forse è proprio questo il motivo per cui queste storie offrono alcuni tra gli esempi più intensi della scrittura di Fitzgerald, come Babilonia rivisitata e Pazza domenica, considerati i capolavori della sua produzione breve.
F. Scott Fitzgerald (St. Paul Minnesota, 1896 - Hollywood, 1940), tra i più grandi scrittori del Novecento americano, raggiunse il primo successo letterario nel 1920 con Di qua dal Paradiso …