“Non per litigare siamo venuti fin qui, per amare invece, per nutrire la vita del nostro amore esausto.”
Naama e Udi Newman hanno una vita familiare apparentemente idilliaca. Fanno parte l’una della vita dell’altro sin da bambini, le esistenze da sempre intrecciate, e ora sono sposati e hanno una bambina. Ma la tranquilla routine della famiglia viene sconvolta la mattina in cui Udi si sveglia e scopre di non riuscire a muovere le gambe. L’uomo, fino a quel momento perfettamente sano, impegnato in una movimentata attività di guida escursionistica, non è più in grado di alzarsi dal letto. I medici si mettono subito alla ricerca di una spiegazione organica, ma ben presto diventa chiaro che la paralisi è segno di qualcosa di meno tangibile e ben più insidioso. Il corpo di Udi è entrato in una sorta di “sciopero”, i sintomi iniziano a sommarsi, e Naama è costretta a fare i conti con ciò che non ha mai voluto vedere del proprio matrimonio. Nella ricerca delle origini di questo misterioso morbo emergeranno gelosia, paranoia, risentimento e ferite accumulate nel tempo, che minacciano di fare a pezzi il piccolo nucleo. Un romanzo ricco di profonde intuizioni, in cui l’immobilità fisica è una potente metafora della paralisi che può colpire un rapporto coniugale quando, dopo anni di impulsi dissimulati e parole taciute, marito e moglie finiscono per trasformarsi in due perfetti sconosciuti.