Esplorare le ferite del bambino interiore e comprendere quanto queste condizionano la nostra vita e la nostra possibilità di essere felici costituisce solo un primo passo nella conoscenza di sé. Occorre anche rendersi conto che con quelle ferite abbiamo finito per identificarci: noi pensiamo di essere quel ‟bambino emozionale” che costituisce un'esperienza di sé piena di paura, vergogna, sfiducia e fatta di comportamenti compulsivi, che è dentro di noi e sfugge però al nostro controllo e alla nostra coscienza. Il secondo passo consiste dunque nel capire che non siamo questo bambino ferito, poiché questa autoimmagine negativa non è che il risultato di un potente condizionamento proveniente dal passato. È proprio il cambiamento della percezione di sé che può cambiare anche la vita: per usare una metafora, se ci siamo sempre identificati con il brutto anatroccolo serve la consapevolezza di ciò e la presa di distanza dall'immagine che ci siamo fatti di noi per sentirci finalmente cigni. L'identificazione con il bambino emozionale è profonda, poiché è iniziata quando si stava formando il concetto di sé, e influisce in modo determinante sulle nostre esistenze tramite ripetizione degli stessi schemi di comportamento, assuefazione a un dato atteggiamento, riproporsi di certi incidenti o malattie, continuo sabotaggio della propria vita, rassegnazione o scoraggiamento. Ecco allora che, proseguendo nel cammino di ricerca interiore iniziato sotto il suo maestro spirituale Osho e basandosi sull'esperienza personale e quale conduttore di gruppi, Krishnananda mostra come sia possibile osservando in noi il bambino emozionale liberarci poco alla volta dal suo controllo, dalla sua influenza e dalla paura che ancora suscita in noi.