Abbiamo chiesto ad Aurora Tamigio, vincitrice del Premio Bancarella 2024 con il suo romanzo d’esordio Il cognome delle donne, di raccontarci la sua esperienza di scrittrice e di approfondire i temi che hanno conquistato migliaia di lettori in Italia. Nelle sue risposte troviamo il messaggio di fondo del libro e comprendiamo meglio la portata delle idee che vi sono alla base.
Il tuo libro d’esordio ha venduto 150.000 copie e vinto uno dei premi più prestigiosi che ci siano in Italia. Parliamo prima di tutto di questa emozione, cosa hai provato?
All’inizio ero molto calma, impegnata a godermi la serata: sin dall’uscita del libro lo scorso 4 luglio - e forse ancora prima, mentre lo stavo scrivendo – la mia filosofia è sempre stata vivere questa avventura senza aspettative e senza tensioni. E in effetti così è stato. Durante lo spoglio dei voti, però, l’atmosfera si è fatta più tesa e ho iniziato ad agitarmi. Alla fine, quando la notaia ha proclamato la vittoria di “Il cognome delle donne” ero tramortita, felice ma soprattutto molto grata. Grata a tutte le persone che hanno creduto in questo romanzo quando era solo un’idea, alle amiche scrittrici che lo hanno letto in bozza e si sono prese del tempo per suggerirmi come migliorarlo, alle persone di Feltrinelli (a iniziare dalla mia editor Laura Cerutti) che hanno dedicato cura e attenzione alla mia storia.
Nel tuo romanzo, protagoniste assolute sono le donne, che prendono in mano le redini del loro destino agendo e non subendo i capovolgimenti della storia attraverso imprese tutte femminili.
È inevitabile che in parte subiscano i capovolgimenti della Storia, del resto la disegnatrice e umorista Jacky Fleming ha offerto una definizione brutale e perfetta del posto in cui la memoria collettiva ha messo le donne: “the Dustbin of History”, la Pattumiera della Storia. Tuttavia, è piena la Storia di donne che dentro questo secchio della spazzatura non ci sono mai volute restare. Personalmente, desideravo scrivere un romanzo in cui le protagoniste compissero grandi imprese quotidiane. Siamo abituate a definire la grandezza dei personaggi femminili dall’entità del loro sacrificio – penso, ad esempio, ad Anna Karenina – e mai dall’eroismo di ciò che compiono: io, invece, volevo per protagoniste delle donne comuni, ma capaci di fare cose fuori dal comune.
Siamo in un momento storico in cui diventa necessario assegnare alle donne il proprio ruolo e riconoscere quanto sia stato importante il loro contributo per l’edificazione della nostra società. Con il tuo libro hai aggiunto un tassello importante a questa nuova narrazione.
Spero soprattutto che, finito di leggere “Il cognome delle donne”, possa venire voglia di interrogarsi sulle storie delle proprie mamme, zie, nonne, bisnonne: cosa facevano mentre gli uomini erano in guerra, mentre emigravano, mentre lavoravano? Forse anche loro hanno combattuto, hanno viaggiato, si sono sentite sole, hanno imparato un mestiere e lo hanno insegnato a qualcun’altra. Non ho mai desiderato scrivere una storia edificante, ma più che altro una storia.
Quali sono stati i libri o i film che ti hanno maggiormente influenzato durante la scrittura del libro?
Sono stati moltissimi. Tutto quello che ha scritto Alba de Céspedes, Una donna di Sibilla Aleramo, L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Ma anche un grandissimo romanzo di un’autrice, ahimè, dimenticata della nostra letteratura: Le strade di polvere di Rosetta Loy. Tra le contemporanee Francesca Manfredi. Ovviamente Piccole Donne, che resta il libro della mia vita, sempre di ispirazione. E poi il realismo magico sudamericano, che resta la mia grande passione: da Isabel Allende a Gabriel García Márquez.
Che consiglio daresti a un autore o autrice esordiente che voglia arrivare a conquistare il pubblico dei lettori?
Consiglio di non pensare a conquistare il pubblico ma di restare sempre in dialogo con la contemporaneità, con ciò che la gente legge e che ama trovare nei libri: un’autrice, un autore che scrive solo per sé difficilmente riuscirà a instaurare una conversazione con chi legge.
Il cognome delle donne di Aurora Tamigio
All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spino…