Un approfondimento di Stefano Rossi, psicopedagogista e conferenziere tra i più amati, uno dei massimi esperti di educazione emotiva di bambini e adolescenti.

Se l’adolescenza è l’età in cui si prende la vita a morsi, negli ultimi anni i morsi degli adolescenti si fanno sempre più violenti: babygang che terrorizzano i passeggeri dei treni, studenti che bullizzano i professori, persino stupri di gruppo e crimini violenti compiuti da giovani sempre più giovani.
Una quota di ostilità, in adolescenza, non solo è fisiologica, ma è “sana”. La psicobiologia ha dotato l’adolescente di un’aggressività che ha lo scopo di dargli la forza di staccarsi dalla mente genitoriale.
Ogni adolescente è una figura di mezzo, forte e fragile, sensibile e egoista, cinica e sognatrice.
Come un filosofo l’adolescente inizia a staccarsi dai genitori ponendosi domande verticali sui grandi temi della vita: l’amore e l’amicizia, la morte e il perdono, la gioia e il dolore…
Mentre il filosofo dalla barba folta pensa questi temi comodamente seduto nel proprio studio, la mente-adolescente si interroga su questi temi dall’interno delle proprie ferite.
La mente adolescente pensa i sentimenti giorno e notte. Li pensa anche quando pensiamo che non stanno facendo nulla.
Da sempre i sentimenti ci parlano in forma di immagini, metafore e storie.
I primitivi attorno al fuoco pensavano con i giovani il coraggio e la paura, la tenacia e l’astuzia, ma anche l’amore, l’amicizia…
I greci, come ben evidenziato da Hillman, nell’Olimpo avevano posto racconti sulla guerra e la giustizia, la bellezza e il potere, la follia, l’ira, ecc.
Per i figli del nuovo millennio l’immaginario sentimentale si è svuotato. Gli Dei sono diventati muti, i racconti sono stati sostituiti dalle notifiche di whatsapp e questo mutismo narrativo si è trasformato in analfabetismo sentimentale.

La mente umana (non solo quella degli adolescenti) ha un principio cardine: se non so dare un nome ai sentimenti che parlano dentro di me, l’unico modo per esprimerli sarà la violenza; metterli in scena in modo aggressivo, distruttivo e/o autodistruttivo nel tentativo disperato di liberarmene.

Il bullo, il criminale, ma anche l’avido, l’individualismo, l’arido di cuore e lo stupratore hanno un “deserto nel cuore”. Provano un disagio senza nome e senza storia e, sfogarsi sull’altro, diventa l’illusorio tentativo di liberarsi da quella aridità che invece continuerà a occupare la propria anima.
Il mondo dei social non aiuta. Le “stories” di Instagram non sono “miti,” ma una mono-storia che alimenta un narcisismo in cui l’Io celebra se stesso dimenticando, utilizzando o sfruttando l’altro dietro lo schermo.

La missione dell’educazione sentimentale
è trasformare il deserto in giardino.

In “Sentimenti mal-educati” propongo a voi genitori di ritrovarvi attorno al fuoco per pensare le cose della vita e le cose dell’amore con i vostri giovani filosofi.
Per curare il mutismo dei sentimenti (che spesso non ci fa trovare le parole giuste per pensare e pararle con i figli) ho arricchito ogni trappola sentimentale con una storia curativa.
Eccone una per darvi il sapore di questo approccio.

Un gruppo di frati sta pregando da ore in una fredda cappella.
Il più anziano del gruppo, stremato, si assopisce.
Il giovane novizio, infastidito, tira la tunica del priore affinché richiami l’anziano fratello.
Il saggio priore,  stupendo il giovane invidioso, prende un piccolo scialle e, cercando di non svegliare il fratello anziano, glielo appoggia con delicatezza sulla spalle.

Questa piccola storia può essere letta in molti modi. Delicatamente solleva il tema dell’amore, dell’amicizia, dell’empatia, del prendersi cura dell’altro, ma anche dell’invidia, della competizione, dell’indifferenza. Ad un figlio o ad un gruppo di studenti possiamo chiedere: siete d’accordo con la scelta del priore? Quale grande lezione custodisce il suo gesto? Cosa significa prendersi cura? Con quali piccoli gesti possiamo abbracciare il cuore delle persone che amiamo? Cosa proviamo quando riscaldiamo il cuore di chi è stanco, sfinito e infreddolito?

Quando i racconti perdono le parole la barbarie torna nelle vite nostre e dei nostri figli.
I sentimenti ma-educati sono sentimenti non pensati.
Educare è nutrire il deserto, affinché tra le rocce rinasca un giardino.

Sentimenti maleducati di Stefano Rossi

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Stefano Rossi

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