Tutto è iniziato nel 2018. Lessi per caso un ritaglio di giornale di undici anni prima, precisamente del 14 febbraio 2007, nel quale si raccontava che durante i mesi dell’occupazione tedesca di Roma, dal settembre del 1943 al giugno del 1944, nella chiesa romana della Madonna dei Monti, nell’omonimo rione vicino al Colosseo, in un nascondiglio segreto a fianco della cupola vennero nascoste venti bambine ebree.

 

Andai a incontrare il parroco della chiesa, che accettò di accompagnarmi fin nel nascondiglio.

Dopo aver attraversato la navata, salii una lunga scala a chiocciola che dalla sagrestia porta fino ai piedi della cupola. Ed entrai in questa stanza, arredata spartanamente con tavolini e seggioline, dove le suore dell’adiacente Collegio dei Catecumeni nascondevano le bambine ebree quando i rastrellamenti dei tedeschi avevano luogo.

Le bambine restavano qui per ore, anche per alcuni giorni di fila, fino a che per le strade la situazione tornava tranquilla e potevano fare ritorno nel Collegio.

Ma questa stanza non era l’unico nascondiglio. Ce n’era un secondo.

Quando le perquisizioni dei tedeschi si facevano più intense, infatti, usando una scala da imbianchino le bambine venivano fatte entrare, attraverso un’apertura posta in alto su una parete, in una seconda stanza segreta, un nascondiglio considerato più sicuro.

Di loro ci rimangono alcune tracce, alcuni disegni che facevano sui muri durante quelle lunghe ore. Fra cui un disegno fatto da una misteriosa bambina, Aida, che scrisse a mo’ di didascalia: “Albergo all’ombra di queste volte”.

Ricordo che, già mentre scendevo dalla cupola lungo la scala a chiocciola e il parroco mi raccontava ancora delle bambine, dissi a me stesso: «Voglio scrivere un romanzo su queste venti bambine».

E questo impulso si rafforzò quando, una volta usciti dalla chiesa, accompagnandomi verso il Collegio dei Catecumeni adiacente alla Chiesa (oggi è una università), il parroco mi raccontò come, per un paradosso della Storia, la Chiesa e il Collegio dei Catecumeni siano tristemente noti agli ebrei perché qui, tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Novecento, avvenivano sia la pastorale coatta sia i battesimi forzati. Gli ebrei, in sostanza, fino agli inizi del Novecento, proprio nei luoghi dove le bambine sono state salvate, erano costretti con la forza a convertirsi al cattolicesimo.

E così ecco nascere questo romanzo, che inizialmente non era che un insieme di appunti sparsi, raccolti in una mia piccola agenda.

Il protagonista è Remo, parroco della chiesa della Madonna dei Monti durante la seconda guerra mondiale.

Molti anni dopo, nel 2004, ormai novantenne, decide di scrivere una lettera ad Aida, una delle bambine che salvò nel ’43/’44 e che dopo la liberazione di Roma non ha più visto.

Decide di raccontarle cosa le accadde in quei mesi, di aprirle il cuore come non aveva mai fatto prima. Su tutto, il fatto che proprio durante l’occupazione tedesca, allora giovane prete, si innamorò della madre di Aida, Rachele, che da poco era rimasta vedova. E di come questo innamoramento cambiò completamente la sua vita.

Il mantello di Rut è il mio tentativo di raccontare cosa è stata la “Shoah romana”, di fare luce su una delle tante storie di quel periodo che ancora sono in ombra.

I personaggi sono ispirati a persone esistite, ma le loro vicende sono frutto della mia fantasia.

Queste pagine sono un tributo a chi non c’è più e a chi, al contrario, ce l’ha fatta, seppure sia stato costretto per sempre a convivere con quanto accaduto. L’auspicio è che, fatta luce sulla Storia, il ricordo di ognuno possa divenire per tutti benedizione.

Il mantello di Rut di Paolo Rodari

Roma, 1926. Remo ha appena dodici anni quando la madre lo lascia davanti all’ingresso del Seminario Pontificio, vicino alla basilica di San Giovanni in Laterano. Rimasta da poco vedova, con quattro figli da sfamare, non ha avuto altra scelta che affidarlo alla Chiesa. Nel 1943, mentre la …

Paolo Rodari

Paolo Rodari (Milano, 1973) è giornalista e scrittore. Dopo la laurea in Scienze Politiche presso l’Università Cattolica di Milano si è trasferito a Roma, dove ha ottenuto la licenza in …