Da astronauta a scrittore. Intervista a Péter Esterházy

Da astronauta a scrittore. Intervista a Péter Esterházy

Nell’estate del ‘67 Péter Esterházy scoprì che nella vita non sarebbe diventato astronauta ma scrittore. Nel 1967 aveva 17 anni. ‟Mi resi conto all’improvviso che realtà e finzione mi si confondevano, non c’era quasi differenza tra le parole e i fatti, per me una parola era non meno reale della realtà. Non che mi sentissi uno scrittore nato, al contrario. A scuola ero il primo della classe, ma in ogni materia c’era qualcuno più bravo di me, anche in letteratura. Si chiamava Stefan Scheu, faceva sempre i discorsi più belli, immagino che sia assessore alla cultura in qualche piccola città. Insomma scrivere mi creava dei problemi, cosa che può anche essere considerata un buon segno. La prima volta che mi era toccato raccontare una gita scolastica era stato un dramma, dovetti chiedere aiuto a mio padre, che aveva come si dice una buona penna. Quell’estate a scuola ci fu una novità. Per l’ultimo compito in classe prima delle vacanze ci fu data la possibilità di scegliere tra un tema e una storia inventata. Io scelsi la seconda perché il minimo di pagine richieste era cinque, mentre per il tema erano dieci. Ho ancora quel testo - irrimediabilmente mediocre - eppure per me quella storia fu una scoperta. Trattava di un poeta del 19esimo secolo, e tra i personaggi c’era una cuoca, mi ricordo ancora la straordinaria sensazione di potenza che mi dava decidere se sarebbe stata grassa o magra, sciatta, sudata, se avrebbe avuto seni grandi o piccoli. Provai la gioia della creazione, dio si deve sentire un po’ così”.

Alla ricerca della verità. Intervista a Carlo Ginzburg

Alla ricerca della verità. Intervista a Carlo Ginzburg

«Oggi parole come verità o realtà sono diventate per qualcuno impronunciabili a meno che non siano racchiuse tra virgolette scritte o mimate». Estraggo questa frase dal nuovo libro di Carlo Ginzburg Il filo e le tracce, una raccolta di saggi, tanto belli quanto sorprendenti. Belli perché ciascuno di essi si prospetta come un piccolo universo in espansione. A leggerli, viene in mente che le questioni che lo storico pone sono punti essenziali dai quali si può ripartire più ricchi e più consapevoli. Sorprendenti, per la tessitura che vi si intravede, per gli accostamenti, le comparazioni, la capacità di far parlare i libri messi a confronto: un dialogo di Maurice July e i Protocolli dei Savi di Sion, un romanzo medievale e la lettura che ne fa Jean Chapelain alla metà del Seicento, un oscuro critico di Flaubert che illumina, forse involontariamente, l´influenza della fotografia sulla letteratura e viceversa; il modo in cui gli europei arrivarono a scoprire la figura degli sciamani. Fermiamoci qui. Un´erudizione senza noia ci viene incontro. Il filo e le tracce ci pone di fronte a una questione tutt´altro che secondaria: in che modo uno storico racconta ciò che è accaduto? Qualcosa succede, si tratta di capirne solo la rilevanza, l´attendibilità, il grado di verità; oppure bisogna prendere in considerazione circostanze che possono turbare questo equilibrio? Il sottotitolo del libro è Vero, falso finto. Dice Ginzburg: «Sono come tre arance che lo storico tira in aria. Bisogna fare attenzione a non farne cadere nessuna».

Mistero chiuso nel cassetto. Intervista a Eugenio Borgna

Mistero chiuso nel cassetto. Intervista a Eugenio Borgna

Nella cultura occidentale la morte viene cancellata. Che cosa ci può aiutare ad affrontarla? Forse la fede? La verità è che l’estremo passaggio è vissuto da ciascuno in modo diverso. Le riflessioni dello psichiatra Eugenio Borgna. ‟La legge del contrappasso non può essere razionalizzata sino in fondo perché non si inserisce in essa la dimensione variabile e camaleontica del mistero, E mistero significa incomprensione, segreto, abisso che possiamo rivivere come meno tragico in alcune religioni che in altre. In una prospettiva essenzialmente psicologica qual è la mia, direi che difficilmente ci sono differenze radicali e inconciliabili nelle diverse culture quando soggettivamente si guarda alla voragine della morte. All’interno di ogni cultura ed esperienza religiosa, cristiana o non, il modo con cui ciascuno rivive l’ombra, il mistero della morte è carico di connotazioni psicologiche interiori che trascendono le strutture portanti di chiunque faccia parte di una certa cultura e anche di una certa orientazione religiosa”.

Medina Reyes non ci sta. ‟Con Bukowski niente in comune”

Medina Reyes non ci sta. ‟Con Bukowski niente in comune”

Efraim Medina Reyes, autore di Tecniche di masturbazione tra Batman e Robin, in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, La sessualità della Pantera Rosa, rifiuta il paragone con Bukowski e conferma la sua fama di ‟cattivo ragazzo”.
‟La somiglianza si riduce al fatto che ci piacciono le donne, l'alcol e prendere a botte gli idioti. Se fosse così, in Colombia ci sono milioni di Bukowski”.