Mio
padre morì intorno alle quattro del pomeriggio nella camera
matrimoniale della sua casa di Ossining, nello stato di New York. Era
il 18 giugno 1982. Da allora ho scoperto svariati modi più o
meno efficaci di riportarlo indietro, di renderlo vicino e reale. Ho
messo al polso il suo orologio, ho riletto i suoi libri, ho parlato coi
suoi amici. Ho letto le sue lettere. Insisteva sempre che le gettassi
via. “Conservare una lettera è come cercare di
preservare
un bacio.” Ero un figlio obbediente, ma in questo caso non
gli
diedi ascolto. Ho custodito gelosamente la sua corrispondenza e
così hanno fatto molte altre persone. E la ragione per cui
queste lettere sono talmente straordinarie, la ragione per cui lo
riportano alla mente con tanta vivezza, è che lo scrittore
era
sinceramente convinto che sarebbero state gettate. Mio padre era di un
candore estremo, quasi compulsivo, con noi figli. Capivo quando aveva
bevuto troppo gin. Capivo quando era in imbarazzo, capivo quando
commetteva adulterio. Capivo perfino che tonalità di
rossetto
lei portasse. Ho spesso udito più di quanto volessi. Ma sono
ancora sconvolto da alcune cose che ho scoperto nelle sue lettere.
Benjamin
Cheever
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Il
libro
Cheever
aveva precise convinzioni e le esprime anche in molte delle sue
lettere, sebbene lo faccia alla sua maniera, lasciandole intendere,
dicendo senza dire, sorvolando, scherzando. Non bisogna sottovalutare
un’ovvietà: quando Cheever scriveva una lettera
non
parlava né a se
stesso (come faceva nei diari) né all’ampia e
indistinta
platea dei
lettori; si rivolgeva a una persona precisa, in carne e ossa, una
persona vicina, con la quale aveva rapporti più o meni
stretti
anche
nella vita reale. Ciò vuol dire che in queste lettere emerge
soprattutto il modo in cui Cheever si relazionava con gli altri, la sua
idea di buone maniere, di decoro e rispettabilità; emerge
cioè tutto il
New England che era in lui, il fatto di essere nato a Quincy, in
Massachusetts.
Se i diari servivano a cogliere gli attimi di sprofondamento, i momenti
in cui la banalità del quotidiano si squarcia e le apparenze
cedono il
passo a una realtà stregata, attraverso le lettere Cheever
ha
scritto
una sorta di autobiografia lieve e involontaria. Le lettere servivano a
tessere il velo dello spazio domestico, dei sobborghi, delle menzogne,
delle gabbie affettive, e un velo non è meno necessario di
ciò esso che
nasconde.
Tommaso Pincio
Il rapporto tormentato
con il padre e il successo, il
disprezzo del proprio talento, il timore dell'omosessualità,
il
tuffo fatale nell'alcol. Una vita nel segno dell'"oscurità
trasparente" . Gian Paolo Serino, "Il
Giornale"
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