#8 - Fieri della Resistenza perché... perché indica cosa può essere uno “spirito europeo” sottratto agli egoismi degli stati nazionali
Lo strangolamento economico dei popoli conquistati era un aspetto fondamentale del “nuovo ordine europeo” che Hitler intendeva costruire. Nel suo disegno di dominio continentale la Germania nazista aveva destinato l’area dell’Europa centro-orientale a diventare una colonia di popolamento e di sfruttamento. Nei confronti dell’Europa occidentale e settentrionale, invece, i progetti tedeschi rimasero più indeterminati: per quanto sottoposti a un duro regime di occupazione, i popoli di queste regioni (danesi, olandesi, norvegesi, fiamminghi) furono considerati razzialmente affini a quello tedesco e quindi suscettibili di nazificazione. Così, alcuni di questi stati riuscirono a conservare una parvenza di indipendenza (fu il caso dell’Olanda e della Norvegia, dove sotto la supervisione di commissari nazisti sopravvissero governi collaborazionisti affidati rispettivamente a Mussert e a Quisling; e fu il caso della Danimarca). Il protettorato di Boemia- Moravia, pur conservando fino alla fine della guerra un simulacro di governo nazionale, costituì di fatto un territorio occupato, controllato dai vari proconsoli tedeschi (Neurath, Heydrich, Frick). In Polonia, Ucraina a Jugoslavia, invece, l’occupazione ebbe i caratteri assunti nella maggior parte dell’URSS, presentandosi non solo come una conquista violenta di territori e risorse, ma anche e soprattutto come progetto complessivo di riorganizzazione demografica e sociale (massacri e deportazioni di civili, distruzioni delle classi dirigenti) finalizzato alla colonizzazione tedesca del nuovo “spazio vitale” conquistato con le armi. Complessivamente, da tutti i Paesi conquistati dai Tedeschi, nel corso della guerra furono prelevati in totale 125 miliardi di marchi, ai quali bisognava aggiungere le materie prime, i rifornimenti alimentari e i lavoratori costretti con la forza ad andare a lavorare nelle fabbriche tedesche. Nel 1942 giunsero in Germania ben cinque milioni di lavoratori stranieri, dei quali solo un milione e mezzo era costituito da prigionieri di guerra, mentre il resto era un vero e proprio “esercito del lavoro servile”, deportato dall’Est (un milione) e dal resto dell’Europa (2400000). Erano cifre destinate a crescere; nel settembre 1944 i lavoratori stranieri furono sette milioni e mezzo (2 milioni di prigionieri di guerra), 8 milioni e 100000 nel dicembre dello stesso anno.
Da questo insieme di motivazioni di ordine razziale e di ordine politico ed economico scaturiva l’obiettivo finale, rappresentato dalla costruzione di un sistema che al vertice vedeva la “grande Germania” con i suoi 100 milioni di abitanti; un gradino più sotto i paesi “amici” (Italia, Ungheria, Romania, Bulgaria), poi quelli “satelliti” (la Francia di Vichy, la Slovacchia) o neutrali (la Svizzera e la Svezia), e così via, con in fondo alla scala gerarchica, ridotti a semplici colonie, alcuni dei paesi occupati militarmente. Era una immensa piramide che abbracciava – al culmine dell’espansione nazista – ben 2 milioni e mezzo di kmq e 250 milioni di abitanti. Quanto alle “razze inferiori”, per gli slavi si progettava di utilizzarli come schiavi nelle campagne, mentre per gli ebrei non era prevista altra soluzione se non quella del loro sterminio.
Una gestione del potere così strettamente legata allo sfruttamento e al terrore era inevitabilmente destinata a scontrarsi con la risposta delle popolazioni che subivano, in modo diretto, questo tipo di dominazione. Accanto agli eserciti regolari come in URSS, o per conto proprio come negli altri paesi caduti in preda ai nazisti, le popolazioni civili si schierarono anche militarmente contro i Tedeschi, dando vita a quei movimenti partigiani (la Resistenza europea) che furono un fenomeno assolutamente tipico della seconda guerra mondiale. Il 26 maggio 1942, l’uccisione del proconsole tedesco Reinhard Heydrich (1904-1942) a Praga rese familiare in tutta Europa la parola e il concetto di “resistenza”. La lotta armata dei civili a contribuì a rendere esplicito il carattere di guerra per la libertà e la democrazia assunto dalla scelta di schierarsi contro i progetti totalitari del fascismo e del nazismo. Guerra civile, guerra patriottica di liberazione, guerra di classe: in tutti i movimenti di Resistenza, in Olanda come in Grecia, in Francia come in Iugoslavia, ma soprattutto in Italia, queste tre componenti si sovrapposero, si intrecciarono in un nodo inestricabile. Si combatteva al fronte e si combatteva a casa: il nemico non era solo lo straniero, ma anche il vicino di casa o un parente, dal quale si era separati da un abisso ideologico.