Il giocatore d'azzardo
Chi sono io per dirvi
quel che vi dico?
Non una pietra levigata dalle acque
per diventare volto,
né una canna forata dai venti
per diventare flauto.
Io sono un giocatore d’azzardo,
a volte vinco, a volte perdo,
sono come voi
o poco meno .
Sono nato di fianco al pozzo
e a tre alberi solitari come monache,
sono nato senza fanfare né levatrice.
Mi hanno dato questo nome per caso,
ho fatto parte di una famiglia
per caso,
ereditandone fattezze, caratteri
e malattie:
primo: problemi arteriosi e ipertensione
secondo: soggezione verso la madre, il padre, la nonnaalbero
terzo: illusione di guarire dall’influenza con una tazza di
camomilla bollente
quarto: pigrizia nell’evocare l’antilope e l’allodola
quinto: noia nelle notti d’inverno
sesto: inettitudine eclatante al canto.
Non è affatto dipeso da me quel che ero,
è stato un caso che fossi
maschio,
un caso aver visto una luna,
pallida come un limone, stuzzicare donne ancora in veglia,
né ho dovuto sforzarmi
per trovare
un neo nelle mie parti intime.
Avrei potuto non esserci,
mio padre ha sposato mia madre per caso,
avrebbe potuto non essere lui mio padre,
o avrei potuto essere
come mia sorella che ha urlato poi è morta
senza conoscere la madre
senza accorgersi
di essere nata per un’ora soltanto.
O avrei potuto essere come l’uovo di un piccione
frantumato prima di schiudersi.
Per caso, sono sopravvissuto
all’incidente d’autobus,
facendo tardi alla gita scolastica.
La notte prima, sprofondato nella lettura di una storia
d’amore,
avevo vestito il ruolo dello scrittore
e quello dell’amante-vittima,
dimenticandomi dell’esistenza e delle sue vicissitudini.
Eccomi, dunque, martire d’amore nel romanzo,
e superstite nell’incidente di percorso.
Non è dipeso da me scherzare col mare,
ma ero un bambino sventato,
di quelli attratti dal magnetico
richiamo dell’acqua.
Non è dipesa da me la salvezza,
un gabbiano umano mi ha salvato
dopo aver visto l’onda darmi la caccia e paralizzarmi le
braccia.
Avrei potuto non impazzire
per le Mu‘allaqat preislamiche,
se il portone di casa fosse stato a nord
e non avesse guardato il mare,
se la pattuglia non avesse avvistato il fuoco dei paesini
cucinare la notte,
se quindici martiri
fossero tornati a costruire ancora barricate,
se questa fattoria non fosse stata distrutta,
forse, sarei diventato un ulivo
o un professore di geografia
o un esperto del regno delle formiche
o un guardiano dell’eco!
Chi sono io per dirvi
quel che vi dico
presso la porta della chiesa?
Nient’altro che un lancio di dadi
tra preda e predatore.
Ho vinto in lucidità,
non per godermi la notte al chiaro di luna, no,
ma per essere testimone del massacro.
Mi sono salvato per caso: ero più piccolo di un obiettivo
militare
e più grande di un’ape che svolazza tra i fiori della siepe,
ho avuto molta paura per i miei fratelli e per mio padre
ho avuto paura per un tempo di vetro
ho avuto paura per la mia gatta e il mio coniglio
per una luna ammaliatrice sopra l’alto minareto,
ho avuto paura per i grappoli della vigna
penduli come le mammelle della nostra cagna.
La paura ha camminato in me e io in lei,
scalzo, dimenticando quel poco che desideravo allora
dal futuro – non c’è tempo per il futuro.
Cammino / mi affretto / corro / salgo / scendo / grido /
abbaio / guaisco / chiamo / gemo / accelero / rallento /
crollo / divento leggero / divento secco / vado / volo / vedo
/ non vedo / balbetto / divento giallo / divento verde / divento
azzurro / mi spacco / scoppio a piangere / ho sete /
sono stanco / sono affamato / cado / mi alzo / corro / dimentico
/ vedo / non vedo / ricordo / sento / guardo / deliro /
vaneggio / bisbiglio / grido / non posso / piagnucolo / impazzisco
/ mi perdo / diminuisco / e aumento / cado / mi
alzo / e ricado / sanguino / e svengo [...]
Anche l’eroismo annoia
Hanno nipoti, le bombe? Noi.
Hanno nonni, le schegge? Noi.
Il silenzio, il silenzio del pubblico, si è mutato in noia.
Quando sarà sconfitto l’eroe? Quand’è che sarà sconfitto così che si possa spezzare questo concatenarsi di eccezionalità e si possa tornare a cose più familiari? Anche l’eroismo annoia se la scena tira troppo per le lunghe, anche l’entusiasmo scema. È possibile che l’oggetto stesso dell’eroismo sia stato orchestrato a bella posta per annoiare chi aspira a una vita normale, esente da proclami e ovazioni? E che ciò avvenga per consentire che sia l’autorità a indicargli le cause del male che l’affligge, l’autorità a dire che è colpa della Palestina se non c’è più grano nei campi; se fiorisce un’edilizia inghirlandata di prigioni; se l’agricoltura ormai riempie soltanto la pancia dei nuovi ricchi, gente dedita alla soddisfazione del proprio piacere e a uno sperpero individuale che ha talmente indebitato le casse dello stato da costringere ogni cittadino, qualora si volessero ripianare i conti, a vivere almeno due vite? L’Egitto ci è già passato, per quest’invidiabile esperienza. Il miraggio della pace gli aveva promesso che il pane sarebbe stato sgravato dal dazio della Palestina; che i martiri sarebbero tornati sani e salvi alle loro famiglie; che le razioni di ful sarebbero state più abbondanti. E invece i prezzi dei beni di consumo sono andati alle stelle, gli anni di fidanzamento si sono protratti a tempo indeterminato nell’attesa senza fine di riuscire a trovare il nido in cui andare a vivere, chi aveva fame ha sempre più fame. Sadat aveva messo in galera chiunque chiedesse di quantificare il conto della pace, ha continuato finché dalle schiere delle sue guardie si è fatto avanti un ragazzo che ha sparato al Faraone, alla pace e al miraggio. E gli altri? Gli altri hanno imparato la lezione, hanno evitato la smodata passione di Sadat per la retorica e, con metodica applicazione, hanno edificato la pace del fatto compiuto, una pace che fa dipendere lo stomaco degli arabi dal placet americano. E poi hanno dichiarato guerra all’eroismo, vuoi apertamente, vuoi con il silenzio. Hanno atteso, con una punta di disagio, che fossero gli israeliani a dar fuoco, per procura, al palcoscenico su cui si recitano eroismo e discorso alternativo. Anche l’eroismo annoia.
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Video de Il giocatore d'azzardo
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