Loredana Lipperini: La morte di Ballard. Addio al maestro di Crash

21 Aprile 2009
Settembre 2005. James Graham Ballard accetta di essere intervistato da Evelyn Finger per ‟Die Zeit”. Gli viene chiesto, naturalmente, un parallelo tra le apocalissi naturali (nel caso, l’uragano Katrina) e le catastrofi che aveva raccontato nei suoi libri. A cominciare dalla primissima, quel Vento dal nulla, pubblicato nel 1961, dove il vento nasce inspiegabilmente, cresce, si alimenta in ogni parte del mondo e distrugge tutto quel che trova sul suo cammino. Ballard risponde: ‟Tutti i miei libri affrontano lo stesso problema: la civiltà umana è come la crosta di lava di un vulcano. Sembra solida, ma se la calpesti, trovi il fuoco”.
È la definizione migliore, naturalmente, che libera l’opera di Ballard dall’annoso e noioso problema dello scaffale, che probabilmente si riproporrà con maggior forza ora, dopo la morte dello scrittore, avvenuta ieri a settantotto anni, al termine di una lunga malattia annunciata nella sua autobiografia, I miracoli della vita.
Cos’era dunque Ballard? Era, certo, l’autore di fantascienza che già nel secondo libro, Il mondo sommerso, affiancava la narrazione di una distruzione esterna (questa volta per lo scioglimento delle calotte polari) all’indagine dentro l’animo umano. Era il 1962: l’anno in cui uscì, sulla rivista New Worlds, il suo articolo Which Way to Inner Space, che avrebbe aperto il varco al cyberpunk. Basta con lo spazio esterno, non più gloriose astronavi che sfrecciano nelle galassie, ma la discesa nella psiche degli uomini, e nel modo in cui la medesima interagisce con i mass media. Innesto che si sarebbe rivelato con forza nello straordinario La mostra delle atrocità, o in Condominio, che esplora la regressione alla barbarie nel microcosmo di un grattacielo. E poi, certo, in Crash, forse la sua opera più famosa, di sicuro quello che Ballard considerava la più importante.
Eppure, Ballard non era soltanto un autore di fantascienza. Intervistato da Valerio Evangelisti per XL, parlava di quell’esperienza al passato: ‟Molti anni fa scrivevo fantascienza. Ma non ho scritto fantascienza per trent’anni o forse più. Non mi vedo più come uno scrittore di fantascienza”. Del resto, aggiungeva, la fantascienza non aveva più senso: ‟È morta il giorno in cui Armstrong ha messo piede sulla Luna, nel 1969. Penso che allora si sia messa la parola fine. Da allora molti dei sogni della fantascienza si sono avverati. I trapianti, la manipolazione genetica... Vuoi che tua figlia somigli alla Lollobrigida? Oggi è possibile”.
Infatti, Ballard ha esplorato anche il proprio inner space, con romanzi autobiografici come L’impero del sole, divenuto film di Spielberg (su sceneggiatura di Tom Stoppard), dove raccontava la sua prigionia in un campo giapponese, durante la Seconda guerra mondiale. Era, anche, l’osservatore del contemporaneo, come in quello che è il suo ultimo romanzo, Regno a venire, del 2006. Era, leggendo le sue interviste, spietato e disponibile.
Di sé, raccontava di non amare la musica, di non possedere dischi, di non navigare su Internet e di scrivere a mano. A chi gli chiedeva, come Evelyn Finger, se davvero i mostri sanguinari dei suoi romanzi potessero materializzarsi, rispondeva di sì: ‟Situazioni come quelle prefigurate in Crash o in Condominio sono ormai quasi moneta corrente. Non tanto però nella forma di esplicite esplosioni di violenza, come nei miei romanzi, quanto piuttosto di aggressività latente. Le persone continuano a svegliarsi al mattino, a salire in macchina e ad andare in ufficio. Le uniche cose eccitanti ormai succedono solo nella testa delle persone. Luogo assai pericoloso”.

J.G. Ballard

James Graham Ballard (1930-2009) è considerato uno dei più interessanti e originali scrittori inglesi contemporanei. Innovatore della letteratura fantascientifica, si concentra sugli effetti che la modernità produce su psiche e …