La gran repubblica della letteratura. Intervista a Enrique Vila-Matas

La gran repubblica della letteratura. Intervista a Enrique Vila-Matas

‟Un giorno passerò in rassegna le molteplici e diversissime risposte che ho dato alla domanda sul perché io sia diventato uno scrittore. Proprio come Pessoa, che conteneva vari poeti molto diversi tra loro (i famosi eteronimi), io ho dato molte versioni sull’origine della mia vocazione. Suppongo che manchi ancora quella vera. Te la do adesso, se vuoi. Mi annoiavo molto d’estate a dover passare per forza la giornata in spiaggia con la mia famiglia. Decisi di separarmi da loro e andare a scrivere sotto un pino. Ciò mi dava almeno un po’ di libertà all’interno della reclusione, perché comunque non potevo allontanarmi dalla spiaggia. Starmene all’ombra e relativamente lontano dalla famiglia mi portò a scoprire la libertà e forse cominciai a sospettare che la scrittura era la libertà. Credo sia stata la scoperta più importante della mia vita”.

‟Non è la fine dell'Europa”. Intervista a Jean-Paul Fitoussi

‟Non è la fine dell'Europa”. Intervista a Jean-Paul Fitoussi

‟Il progetto di Blair mi sembra soprattutto retorico, non realista, nella misura in cui per modernizzare l'Europa bisognerebbe consacrarvi dei mezzi ben superiori a quelli del bilancio europeo. Dire che se venissero dati i mezzi attribuiti ora alla Pac (politica agricola) all'insegnamento superiore e alla ricerca e sviluppo si risolverebbe il problema del futuro dell'Unione, significa prendere un po' in giro tutti quanti. La Pac assorbe lo 0,35% del prodotto interno lordo europeo. E con lo 0,35% non si fa molto per l'insegnamento superiore, per la ricerca e sviluppo, per l'innovazione. Invece, se ci fosse un riorientamento delle risorse destinate alla Pac si avrebbe una rinazionalizzazione della politica agricola. È una buona strategia? Non credo. L'Europa protegge meno degli Usa i propri agricoltori. In altri termini, con le proposte di Blair vediamo cosa perdiamo ma non cosa si guadagna. Se vogliamo fare della ricerca e dell'insegnamento superiore una politica comune, allora bisogna aumentare il bilancio dell'Unione”.

Paura e speranza a Gerusalemme. Intervista a Amos Oz

Paura e speranza a Gerusalemme. Intervista a Amos Oz

‟Per fare bene il mio lavoro di scrittore devo sentirmi sempre un po' straniero, giocando con il connubio continuo tra distanza e intimità. Per questo al centro di tutto non c'è l'invito ad amare l'"altro", a sposarne le posizioni, ma la possibilità di mettersi anche solo per un attimo nei suoi panni. Certo, se cerchi di metterti nei panni di qualcuno, prima o poi diventi anche un amante migliore. Ma per questo, tra israeliani e palestinesi, è decisamente ancora presto. (…) Oggi la sinistra israeliana potrebbe far cadere Sharon in qualunque momento, visto che ha perso gran parte del suo sostegno a destra. Questo potrebbe farci sentire tutti molto bene. Solo che come persone di sinistra in Israele non credo la nostra principale preoccupazione debba essere quella si sentirci bene, quanto piuttosto di capire cosa si può fare, date le condizioni esistenti oggi, per modificare davvero le cose. Se la sinistra governasse da sola, certo avrebbe un'attitudine del tutto diversa da quella di Sharon. Ma nel momento in cui questa maggioranza sta organizzando il ritiro dell'esercito israeliano e lo smantellamento delle colonie a Gaza, vale a dire qualcosa che rappresenta un bene per i palestinesi come per gli israeliani, credo che vada appoggiata”.

Sulla paura e la speranza. Intervista a Amos Oz

Sulla paura e la speranza. Intervista a Amos Oz

‟Mi piacerebbe ricordare, perdonare, non dimenticare nulla e capire, soprattutto. Non sono però un post-moderno, di quelli che sostengono che tutti possono amare tutti e tutti possono perdonare. Mi colloco a metà strada tra Gesù e Foucault, un po’ più vicino a Gesù, in verità. (...) È mancato il coraggio e anche la capacità di proiezione fantastica. Però da entrambe le parti, negli ultimi mesi, sono stati compiuti piccoli passi che forse indicano che i leader stanno andando nella direzione giusta. Alla fine arriverà il compromesso a denti stretti, che farà un male cane a israeliani e palestinesi. Non c’è altro di possibile".