Nicola Lagioia presenta Regno a venire di J. G. Ballard

Nicola Lagioia presenta Regno a venire di J. G. Ballard

‟I quartieri residenziali sognano la violenza. Addormentati nelle loro sonnacchiose villette, protetti dai benevoli centri commerciali, aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare in un mondo più carico di passione…” ‟Il mondo di Ballard è gia pericolosamente simile al mondo in cui viviamo.” Ascolta l’intervento di Nicola Lagioia.

‟Operazione verità: ecco cosa ci lega ai terroristi”. Intervista a Domenico Starnone

‟Operazione verità: ecco cosa ci lega ai terroristi”. Intervista a Domenico Starnone

Prima esecuzione è un romanzo che pone questo interrogativo: quanto erano interiormente vicini alle Br quelli che, negli anni Settanta, se ne professavano lontano?
‟Il mio Stasi è innocente, in senso legale, non è affatto un cattivo maestro, è stato un maestro buono, ottimo. Non ha fatto del male a una mosca. Ma cosa si porta dentro? Quel doppio movimento interiore per cui si prova pietà, orrore per le vittime dei terroristi ma, subito dopo, si sente che il proprio disgusto per il mondo e le ingiustizie sono comunque rappresentati, in scena, da loro, i terroristi.”

Starnone e Napoli. ‟La città non ha un destino già scritto”

Starnone e Napoli. ‟La città non ha un destino già scritto”

Ancora una volta Starnone veste i panni di un prof. nel nuovo romanzo Prima esecuzione. Stavolta però il filone non è quello umorostico della serie di libri sul mondo della scuola che ha reso celebre lo scrittore napoletano. Piuttosto Prima esecuzione segue un’altra linea letteraria, nella produzione di Starnone, cioè quella di Via Gemito e più ancora di Labilità, con la riflessione serrata sulla natura e sul senso della scrittura.

Terroristi, se qualcuno li guarda con simpatia. Intervista a Domenico Starnone

Terroristi, se qualcuno li guarda con simpatia. Intervista a Domenico Starnone

‟[...] Io mi ero già ritratto nei primi anni Settanta. Mi repellevano la gambizzazione, il rapimento, l’assassinio politico: un obbrobrio stupido. Immaginavo le schegge delle ossa, gli organi vitali lacerati e provavo come una vertigine che mi scagliava lo stomaco in gola. Tuttavia una parte segreta di me non riusciva a non sentire affinità con gli uccisori piuttosto che con la vittima, con i sequestratori piuttosto che con i sequestrati. Cancellavo parole di condanna dal mio vocabolario, evitavo etichette correnti. Stavo attento, anche tra me e me, a non dire mai assassini, criminali, aguzzini, terroristi, sentivo che non erano riducibili a quei vocaboli”.