Giorgio Bocca: Anime belle e democrazia malata

31 Ottobre 2002
La disputa sui ladri o simil-ladri scoppiata in Parlamento fra ex democristiani, ex neofascisti e leghisti è un successo di Silvio Berlusconi e della sua disinformazia: ha confuso talmente le idee e la storia della corruzione che nessuno riesce più a ricordare ciò che è stato, se un ladro di partito o un ladro in proprio, se a tempo pieno o in occasione elettorale, se vittima o orditore di complotti.
Sino a ieri, democristiani, socialisti, leghisti e neofascisti sembravano d'accordo sul grande alibi, il complotto della magistratura. Persino Bossi, il tribuno che ora minaccia di disperdere gli avversari con la sola parola "ladri" quando un cassiere della Lega venne sorpreso con un assegno firmato Sama-Gardini-Montedison, gridò al complotto della magistratura comunista ora assurto a dogma della democrazia presidenziale.
Chi c'era potrebbe ricordare a questi che litigano su chi fu più ladro degli altri che il vero complotto che distrusse i partiti di governo fu organizzato da loro stessi, che furono loro a far salire la marea di disgusto e di delusione che aprì la strada a Mani pulite. Democristiani, socialisti craxiani e in parte anche i comunisti e leghisti erano già al capolinea al principio degli anni Novanta. Il più disattento dei cronisti poteva constatare che le strutture organizzative dei partiti stavano disgregandosi, gli iscritti gonfiati con le finte tessere, le sezioni ridotte a sale da giochi o a luoghi dove raccogliere tangenti, l'educazione dei giovani e l'accoglienza degli immigrati cedute alle parrocchie.
Per anni la politica italiana è andata avanti senza regole del gioco, al traino delle false giustificazioni del tipo: la politica costa, la politica è un lavoro di alto livello che va giustamente retribuito, rubare per il partito è lecito. E la pratica distruttiva che ne seguì, migliaia di miliardi finiti in viaggi, pranzi, lustrini, brutti libri, luci psichedeliche, architetture congressuali, conti "protezione" in Svizzera prima, poi nell'universo mondo in tutti i paradisi fiscali.
Ma a chi la raccontano i garantisti a libro paga che continuano a sostenere che quella politica di palta venne disarticolata, perseguitata, torturata da un gruppo di magistrati giacobini? Questi che si scambiano in Parlamento accuse di fuoco (a parole, non a denunce e comunque dette e subito disdette alla maniera del regime), che si stracciano le vesti per l'indignazione, non sanno che l'assalto allo Stato e alla democrazia prosegue e si avvicina all'esito finale inevitabile dell'autodistruzione?
La corruzione non solo continua, ma è diventata ragion di Stato, sistema bancario, controllo del territorio in alternanza fra mafiosi e carabinieri, confusione fra controllori e controllati, fra ambientalisti e inquinatori. Con le anime belle a libro paga che esortano al dialogo, alla concordia, alla terzietà.
Fra le carte del boss mafioso Giuffré è stato trovato un programma dettagliato degli appalti da conquistare e dei cantieri da controllare, il riciclo del denaro sporco è diventato operazione pubblica con lo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall'estero, le leggi Cirami camminano di pari passo con i condoni fiscali, per cui i grandi ladri possono autoaccusarsi di evasioni fiscali tanto è già pronto il modo per restare impuniti.
Si avvera il sogno di tutti i corruttori: rubare allo Stato in complicità con lo Stato. Gli ex ladri e complici dei ladri ci risparmino almeno queste sceneggiate parlamentari, i falsi sdegni e i falsi furori. La democrazia è ammalata e al suo capezzale ci stanno i medici che la uccidono.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …