Francesco La Licata: La registrazione del pentito mette nei guai il magistrato
24 Febbraio 2003
"Dottore, ricorda...". L´interlocutore tronca la conversazione:
"Era un discorso fuori verbale. Dimentichiamo che c´è stata quella
discussione". Scampoli di una telefonata registrata. E´ il 17 settembre
del 1998 e Carmelo Ferrara, fratello del boss pentito Iano, chiama al telefono
il procuratore capo facente funzione di Messina, Pietro Maria Vaccara (oggi
procuratore aggiunto). Il giorno dopo quella telefonata, Carmelo Ferrara, anche
lui mafioso pentito di Messina, deve essere interrogato, su sua richiesta, dai
pm antimafia di Catania sulle collusioni tra mafia, imprenditori e magistrati
della città sullo Stretto. Messina è al centro del ciclone, il
"Verminaio" è stato da poco scoperchiato dall´Antimafia di Ottaviano
Del Turco e Nichi Vendola e i vertici dei "palazzi" di Messina sono
stati o stanno per essere decapitati: l´università del rettore Diego
Cuzzocrea, il sottosegretario all´Interno Angelo Giorgianni, il procuratore
capo Antonio Zumbo diventeranno le prime "vittime". A Messina, in
quegli anni, furoreggiava il mercato dei pentiti gestiti da contrapposte cordate
di magistrati che avevano come principale interesse non quello di squarciare il
velo sugli affari illeciti e sulle collusioni, ma garantire la copertura di
interi settori della criminalità imprenditoriale messinese attraverso false
dichiarazioni del pentito eccellente Luigi Sparacio. Grazie a un avvocato, Ugo
Colonna, nel novembre del 1997 la procura di Catania e poi l´Antimafia avviano
un´operazione di bonifica del territorio. E a seguire finiscono in carcere il
sostituto procuratore nazionale antimafia, Giovanni Lembo, il capo dei gip
Marcello Mondello, il capo di Cosa nostra a Messina, l´imprenditore
Michelangelo Alfano, e altri affaristi e pentiti. Dunque, il 17 settembre 1998
il pentito Ferrara telefona al procuratore reggente Vaccara per comunicargli che
avrebbe riferito ai magistrati catanesi, il giorno dopo, un episodio del lontano
gennaio 1995, quando lui stesso aveva raccontato al procuratore Vaccara alcuni
fatti, e in particolare la responsabilità del dottor Lembo nel ferimento
dell´avvocato Ricciardi avvenuto nel luglio del 1991. Con quella telefonata
Ferrara chiedeva al magistrato messinese l´autorizzazione a chiamarlo in causa.
All´insaputa del procuratore Vaccara, Ferrara registra la telefonata e la
cassetta originale di quella conversazione è ora sotto sequestro dei giudici di
Catania che stanno processando il dottor Lembo, l´imprenditore Alfano e altri
imputati per fatti di mafia. Il 13 marzo, in udienza, la cassetta sarà
sbobinata - ma una copia della stessa è stata recapitata a "La
Stampa" - e, probabilmente, la procura di Catania dovrà procedere
d´ufficio contro l´attuale procuratore aggiunto di Catania, Vaccara, per falso
e favoreggiamento. In quella conversazione che abbiamo potuto ascoltare, in
sostanza, il pentito ricordava al magistrato di avergli rivelato nel lontano
1995 che i mandanti dell´agguato contro un avvocato di Patti, Francesco
Riccardi - curatore del fallimento "Giuffré", un importante
imprenditore della zona - erano stati, secondo quanto aveva appreso in carcere,
sicuramente il sostituto procuratore antimafia Giovanni Lembo e probabilmente il
"costruttore palermitano mafioso, presidente del Messina calcio",
alias Michelangelo Alfano. Quelle rivelazioni, secondo quanto emerge dalla
registrazione del colloquio con il pentito, il procuratore Vaccara non le
verbalizzò e nel corso della telefonata del 1998 il magistrato chiese al
pentito di non chiamarlo in causa: "La discussione che lei ha fatto con me
se la dimentichi completamente". Il giorno dopo Carmelo Ferrara viene
sentito dai pm catanesi Amato, Cariolo e il procuratore aggiunto D´Agata e
racconta i fatti, omettendo di riferire che quei fatti li aveva già raccontati
all´inizio della sua collaborazione al procuratore reggente di Messina:
"Nel `94, ero recluso nel carcere di Messina, parlando con un detenuto
venni a sapere che il dottor Lembo era stato il mandante del tentato omicidio
dell´avvocato Ricciardi di Patti, eseguito da Castorina (Pasquale Castorina,
ndr)". Ferrara prosegue il suo interrogatorio raccontando di aver
contattato direttamente il dottor Lembo per cercare un aiuto per il fratello, il
boss Iano, caduto in disgrazia, al quale era stato revocato il servizio di
protezione: "Lembo mi disse che mio fratello era gestito da incompetenti e
buoni a nulla, parlando dei dottor Mango e Langher (all´epoca sostituti
procuratori, ndr), e mi chiese se nel carcere si parlava di lui e contro di lui.
Mi propose, io che non ero collaboratore di giustizia, il rito abbreviato, cosa
che ottenni. Un altro giorno lo feci chiamare e gli dissi chiaramente che il
detenuto Pietro Trischetta diceva che lo teneva in pungo perché sapeva che era
il mandante del tentato omicidio Ricciardi. Lembo sbiancò in faccia e
sdrammatizzò...". Pochi giorni prima dell´interrogatorio un quotidiano
aveva pubblicato la notizia che un altro pentito, Antonio Cariolo, aveva
raccontato che dietro l´agguato all´avvocato di Patti c´erano il dottor Lembo
e l´imprenditore Alfano. E, dunque, le rivelazioni di Ferrara potevano essere
considerate "non genuine", apprese dalla lettura del quotidiano,
"pilotate" o "millantate". Ma adesso la cassetta della
telefonata registrata tra il pentito e il magistrato rappresenta un indizio
importante: nel 1995 Carmelo Ferrara aveva già raccontato quell´intreccio
perverso tra magistrati e imprenditori mafiosi. E, soprattutto, lo aveva
raccontato all´attuale procuratore aggiunto di Messina che ritenne di non
verbalizzare quelle rivelazioni, anzi lo avvertì che se avesse parlato di quei
fatti la sua collaborazione sarebbe stata compromessa.
Francesco La Licata
Francesco La Licata ha cominciato nel 1970 lavorando in cronaca per ‟L’Ora di Palermo” e poi occupandosi delle più importanti vicende siciliane: la scomparsa di Mauro De Mauro, l’assassinio del …