Giorgio Bocca: Quei terroristi senza progetto

31 Marzo 2004
Tornano i bombaroli genovesi: questa volta non contro la questura, ma più modestamente contro il commissariato di Sturla. Una bomba alle 3 e 11 con schegge metalliche e fumogeni la seconda mezz' ora dopo, stessi modi stessi tempi che nell' attentato del 9 dicembre 2002, nessuna vittima né allora né ora. Il capo della polizia De Gennaro definisce l' attentato «vile ma anche feroce». Compiuto per spaventare ma anche per uccidere. i fumogeni sarebbero stati usati come richiami «civetta» per far uscire gli agenti dal commissariato e colpirli mortalmente con la seconda esplosione. Una tesi che sembra a misura del dilettantismo dei misteriosi, ma non troppo, dinamitardi che nelle due occasioni hanno fatto più rumore che danni ma che avrebbero anche potuto fare strage. I magistrati incaricati dell' indagine hanno dichiarato che «qualsiasi ipotesi è prematura». Dichiarazione banale ma realistica. Tutto è possibile nel terrorismo endemico che caratterizza questo tempo di ansie e di misteri, di fanatici e di mitomani. Gli indizi che sembrano collegare questi attentati agli scontri del G8, fra contestatori più o meno globali e poliziotti sono numerosi quanto labili: nella caserma di Sturla opera uno dei commissari indagati per le violenze della polizia, un comunicato recentemente arrivato alla caserma avrebbe minacciato vendetta per l' uccisione di Carlo Giuliani, firmato dalla Brigata 20 luglio anarco-insurrezionalista, documento giudicato dal questore «credibile, e preoccupante» perché «contenente minacce al carabiniere Mario Placanica che sparò a Carlo Giuliani e ai poliziotti del reparto mobile di Bolzaneto autori di pestaggi e di torture». Già nel comunicato dopo l' attentato del 2002 la Brigata 20 luglio affermava di aver colpito «come prima risposta al covo degli esecutori materiali dell' assassinio di Carlo Giuliani e alle violenze sistematiche perpetrate nelle caserme e commissariati di Genova nel vano tentativo di reprimere la risposta popolare al vertice del G8». Le sigle del terrore con riferimento a una data simbolica sembrano inventate ma negli anni di piombo si capì che rispondevano sempre a un gruppo reale, assurdo, incomprensibile ma reale. Questi misteriosi anarco-insurrezionalisti si sarebbero manifestati anche in altre città, a Roma con l' attentato al Viminale con la bomba legata a un motorino che esplose alle 4 del mattino del 26 febbraio 2002 senza causare vittime e l' altra precedente a Bologna del luglio 2001, sempre a vuoto come se si accontentassero di fare dei fragorosi botti nelle notti italiane. Le bombe di Sturla avrebbero altri significati, sarebbero una intimidazione alla giustizia che sta processando i manifestanti più violenti del G8 o una protesta per gli arresti recenti di autonomi, cinque giorni fa a Milano. In questa confusione di moventi e di sigle più o meno terroristiche i cauti magistrati di Genova dicono: «Si tratta di un' area molto magmatica di cui non è possibile definire bene identità e strategie». I residui di un terrorismo italiano sono veramente di difficile definizione, inafferrabili per la loro stessa esiguità: cosa erano gli ultimi brigatisti rossi assassini dei professori giuslavoristi? Quattro gatti privi di esperienza, di un progetto politico, di coraggio che si mettevano in dieci a indagare per mesi su delle persone inermi senza scorta, che andavano a piedi o in bicicletta. Senza alcun legame con la organizzazione che fece tremare la Repubblica, senza una dottrina minimamente accettabile, minimamente applicabile a una società come l' italiana, già per suo conto in preda a trasformazioni incontrollabili, già sull' orlo di crisi profonde. E allora che vogliono, in cosa sperano, che progetti hanno questi bombaroli che gettano le loro innocue bombe nel mucchio devastante del grande terrorismo universale che fa saltare treni e alberghi e palazzi e stazioni della metropolitana e Torri Gemelle con migliaia di morti? Forse qualcosa di ammalato nell' animo, qualcosa che non funziona nella testa dei giovani o nella società antiche pulsioni di violenza o di imitazione, il «ci siamo anche noi» con le bombe come altri ci sono con le pietre lanciate sulle automobili dai viadotti, e quelli che uccidono e si uccidono nelle giornaliere tragedie urbane. Una nuova strategia del terrore per ora alla buona con più rumore che danni? Caviamocela come i magistrati di Genova: ogni ipotesi alla stato delle indagini è prematura, la diffusione della violenza e dei violenti è magmatica. Il terrore come una peste che arriva non si sa da dove né per quanto.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …