Giorgio Bocca: Le immagini della ferocia

03 Settembre 2004
A Beslan, nella lontana Ossezia, oggi c'erano la immobilità e il silenzio che precedono la furia del terrore senza ragione. È arrivato, è lì pronto a colpire e non si sa cosa fare. Trecento persone chiuse nelle scuole dai terroristi ceceni, un centinaio di bambini e duecento anziani venuti per la festa di apertura, con corone di fiori e dolci. Tutti gli altri impotenti, dal piccolo zar Putin, ai poliziotti catafratti come guerrieri antichi, agli addetti alla visione mondiale della tv. Perché il primo carattere peculiare di questa tragedia è la sua visibilità.
Stragi di bambini sono avvenute in tutti i tempi e sotto tutti i cieli, senza riparo come a Hiroshima. Senza numero come nelle guerre africane dove i bambini sono stati anche arruolati per il massacro, senza scampo come nel ghetto di Varsavia, o negli scuolabus israeliani. Le fotografie dei sopravvissuti sono identiche: la bambina di Beslan che fugge dalla morte sorretta da un poliziotto come quella della bambina vietnamita nuda e disperata su una strada polverosa di campagna scampata al napalm, come quello dagli occhi neri del ghetto di Varsavia, occhi che le SS non possono far tacere. Ogni giorno ci porta il suo eccidio di bambini innocenti: molti sconosciuti, molti non visti, molti raccontati da chi li compie.
Ma questa è una strage visibile, le sue fotografie strazianti vanno per il vasto mondo, la ferocia e la dissennatezza del terrore che le ha provocate sono su tutti i giornali, su tutte le televisioni.
Ci sono voluti secoli perché l'umanità si liberasse dei sacrifici umani, specie di bambini, ma non sono scomparsi quelli legati ai fanatismi e alle follie degli anziani. In Algeria sono stati uccisi a migliaia nei pogrom degli integralisti islamici, in India, in Indonesia, a Ceylon dagli opposti fanatismi.
Un altro aspetto impressionante, contraddittorio di questi eccidi contemporanei è che la barbarie sopravvive in uno scenario moderno, scientificamente e tecnicamente avanzato. La remota Ossezia che molti in Europa non hanno mai sentito nominare, a vederla nelle immagini non è diversa da una delle province del benessere, gli scolari sono ben vestiti, la madri hanno i telefonini, i poliziotti dispongono di riflettori e di armi modernissime, sono in funzione televisioni e radio, eppure sotto i nostri occhi come dagli inferi è uscita una barbarie antica e irragionevole che usa i bambini di un paese confinante per mettere in atto il suo ricatto terroristico.
Tutte le angosce e le disperazioni del mondo sembrano aver trovato in questi anni satanici nuove forme di espressione, al di fuori di ogni civiltà, fuori dai limiti pazientemente costruiti. Chi sono le donne vestite di nero che girano il mondo pronte a sacrificarsi e a sacrificare gli altri? Cosa è questa progressione senza limiti nella sete di sangue, nell'importanza che si dà al sangue come se cancellare una vita altrui fosse qualcosa che serve alla salvezza, alla redenzione? Cosa sono queste macellazioni politiche e religiose che si annullano l'un l'altra? Cosa è il ritorno alla asacralità del nero luttuoso, dei martiri, dei sacrari in un paese come il nostro di tira a campare e di festaioli?
Il dottor Roshai, il pediatra che cerca di mediare fra i fanatismi in lotta, accorso a Beslan ha detto: "Credo che queste lotte di religione portino alla umanità più sciagure che felicità". La fede dovrebbe unire gli uomini invece capita che li divida, a volte addirittura li spinga ad odiarsi e a farsi la guerra. Appaiono incomprensibili, ed anche esse feroci, persino le trattative in corso. Non si sa con quali criteri e a quali fini siano state rilasciate ventisei persone, anziani e anche bambini, portati in braccio da soldati e caricati con delle donne su alcune automobili.
Un portavoce della polizia con un umorismo involontario ha detto che i bambini "sono in condizioni soddisfacenti" senza accennare al terribile trauma che hanno subito e che segnerà la loro vita. Fa parte della ferocia perdurante anche il rifiuto dei sequestratori di ricevere viveri e acqua che a questo punto sono decisive per la sopravvivenza. Ha guidato la operazione il generale Ruslan Aushew, eroe della guerra in Afghanistan dove comandava reparti caucasici di ceceni e di inguscezi.
E anche questo è un segno dei tempi: per mediare in una guerra si cerca un uomo di guerra. Le guerre non sembrano comunque una scuola di ragionevolezza... "Pietà l'è morta", diceva una canzone degli alpini. Pronti ad ammazzarci tutti gli un gli altri? C'è qualcosa che riguarda il destino drammatico della specie più che la politica e le utopie.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …