Giorgio Bocca: Katrina più forte del capitalismo

16 Settembre 2005
Il nostro essere al mondo mi pare giunto a un punto chiaro: il troppo uccide e a morire sono soprattutto i poveri. Bisogna in qualche modo cambiare la regola attuale, barbara e ingiusta. Siamo arrivati al punto in cui nella sofferenza si ritrova la chiarezza. Le prediche dei ricchi e nuovi conservatori, compassionevoli, thatcheriani e simili imbroglioni non sono più sopportabili, il prezzo è troppo alto: troppi morti, troppi poveri uccisi per uno sviluppo demenziale. Solo un irragionevole egoismo può negare la realtà. Nell'Iraq sono morte più di mille persone colte dal panico in una moschea. Altre centinaia in una serie di sciagure aeree, strage a New Orleans, stragi terroristiche continue. Perché la congiunzione astrale è sfavorevole? Perché ogni tanto non si sa come arriva una serie nera? Ma no, si sa benissimo il perché, il troppo, le troppe auto, i troppi uomini, i troppi ricchi, la troppa fretta, troppa avidità, troppa stupidità. Quelli che dicono che è un errore prendersela con il premier Silvio Berlusconi e con il suo troppismo smodato e bugiardo! Certo non è parlando male di lui che si risolve la follia del troppo, ma lui ne è il simbolo, lui l'ha incoraggiata, accelerata con il suo ottimismo da commesso viaggiatore.
È soprattutto la strage esemplare di New Orleans a dire che la stagione folle del capitalismo estremo è giunta all'autodistruzione. La pretesa che la società umana debba essere governata dai suoi vizi, dalle sue incontinenze, dai suoi sprechi sta finendo in caos e morte.
Che cosa dice la tragedia di New Orleans? Primo che l'assalto dissennato al territorio, la violenza dissennata contro la terra e contro le acque prima o poi si paga. Quel che è avvenuto nell'ultimo mezzo secolo nel delta del Mississippi e nel golfo del Messico è incredibile autolesionismo: si è costruito sul fango, si è abbassato con le estrazioni continue di gas il fondo del mare, si è perforato questo fondo come una gruviera, si sono concentrate in spazi stretti centinaia di raffinerie, nessuno ha voluto perdere soldi nel rafforzamento degli argini in una città costruita fra laghi pensili, più alti della città e alla fine chi ha pagato sono stati i poveri, quelli che non avevano l'automobile per fuggire, che non sapevano bene dove andare.
E quando sono stati con l'acqua nelle case, affamati, disperati, quel rozzo texano che è il loro presidente ha ordinato alla polizia di sparargli contro e, siccome è rozzo e non si cura del ridicolo, per farlo ha richiamato dall'Afghanistan o dall'Iraq i soldati che dovevano conquistare il mondo sparando sugli indigeni.
Ora intendiamoci bene: chi scrive non è il ragazzo che salvò l'Olanda mettendo un dito nel buco della diga. È uno come tutti, che non ha ricette miracolose. Ma è anche uno dei tanti che non ne possono più di questa retorica assassina della espansione continua, sospinta dalla follia, priva di previsioni serie e di prudenza.
Una quarantina di anni fa andai in Svizzera a Gruyère per un raduno di giovani imprenditori americani. Erano convinti di aver trovato la strada maestra per la ricchezza e per il benessere universale. Ma convinti in un modo perentorio e infantile, guai a contraddirli, ti guardavano come uno scemo, guai a prospettargli gli evidenti rischi dello sviluppo, a ricordargli le opinioni di economisti ragionevoli come John K. Galbraith, facevano dei risolini di sufficienza, ecco, parevano dire, la Vecchia Europa, il vecchio mondo pauroso.
Non è piacevole che siano con il sedere per terra perché quando lo sono loro lo siamo anche noi, ma che finisca questa ubriacatura del profitto a qualsiasi prezzo, che si torni a capire la necessità del buon governo, della solidarietà sociale, dei limiti al troppo che uccide.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …