Giuliana Sgrena: Iraq. La strage di Sadr City, mille morti in un mese

05 Maggio 2008
Il segretario alla difesa americano Robert Gates aveva appena proposto la promozione del generale David Petraeus, comandante delle forze multinazionali in Iraq, a capo del comando centrale delle forze Usa che copre un'area che va dal Corno d'Africa all'Asia, Iraq e Afghanistan compresi, quando le vittime americane in guerra sul terreno iracheno hanno subìto una nuova impennata. Ieri tre soldati sono morti in diversi attacchi a nordest di Baghdad, portando la quota dei caduti nel mese di aprile a 47, il peggior risultato dallo scorso settembre quando le vittime erano state 65.
Un segno negativo dopo i vantati successi di Petraeus, anche perché gli attacchi si sono registrati lontano da Sadr city, la bidonville sciita della capitale dove da settimane si consuma lo scontro tra l'esercito iracheno appoggiato dagli alleati americani e le milizie del leader sciita radicale Muqtada al Sadr. L'attacco al quartiere di Baghdad dura da settimane, dopo che alla fine dello scorso mese il premier al Maliki aveva guidato personalmente le sue truppe contro i miliziani dell'esercito di al Mahdi (le milizie sadriste) a Bassora. Secondo un portavoce del governo, da fine marzo si contano almeno 900 morti e 2.600 feriti. Gli ospedali di Sadr city non hanno più mezzi per far fronte ai ricoveri, mancano acqua e elettricità. La battaglia infuria mentre la capitale è avvolta da una tempesta di sabbia che impedisce agli elicotteri di alzarsi in volo. Sono condizioni atmosferiche peggiori di quelle che avevano fermato per qualche giorno l'avanzata delle truppe americane nel 2003.
Ma l'assedio non accenna a diminuire: il premier al Maliki accusa Muqtada di usare i civili come scudi umani, ma basta essere stati a Sadr city per capire che sarebbe difficile distinguere tra i militanti di al Mahdi e i civili, in maggioranza sostenitori di Muqtada. Anche la pretesa del premier di riportare l'ordine e il controllo nelle mani dell'esercito pecca di ipocrisia: il controllo di Sadr city è stato finora nelle mani delle milizie al Mahdi e delle brigate al Badr dello Sciiri (l'altro partito religioso sciita al governo). Questo è stato tollerato finché Muqtada appoggiava il premier, ma da quando è passato all'opposizione - e potrebbe diventare un pericoloso rivale nelle elezioni amministrative di ottobre - è diventato un nemico da combattere. La storia si ripete: una sanguinosa battaglia aveva impegnato le truppe Usa e le forze di Muqtada nel 2004 a Najaf e ripetute volte anche a Sadr city.
Ma ora sono impegnate direttamente le forze irachene, che devono dimostrare di essere all'altezza del compito loro affidato dagli americani. Anche se gli Usa non li lasceranno mai soli: almeno 50mila marines, secondo indiscrezioni sull'accordo di assistenza militare che entrerà in vigore dopo il «ritiro» delle truppe, resteranno a controllare i pozzi petroliferi e la sicurezza del paese, oltre che rispondere ad eventuali aggressioni (dell'Iran?). Per ora con l'Iran gli Usa stanno trattando il futuro dell'Iraq, ma Tehran resta sulla lista nera.
Tuttavia il nuovo e feroce assedio a Sadr city - feroce anche la risposta degli assediati, che hanno assassinato e appeso a un semaforo il corpo del colonnello Ibrahim Lazim Hassan, che era andato a far visita alla famiglia - è riuscito a smuovere i partiti sunniti, che hanno dimostrato la loro solidarietà con gli sciiti di Muqtada in una ritrovata unità contro l'occupazione americana.

Giuliana Sgrena

Giuliana Sgrena, inviata de ‟il manifesto”, negli ultimi anni ha seguito l'evolversi di sanguinosi conflitti, in particolare in Somalia, Palestina, Afghanistan, oltre alla drammatica situazione in Algeria. Negli ultimi due …