La felicità disturbante di Joe Stretch. Un’intervista

La felicità disturbante di Joe Stretch. Un’intervista

Nel suo prendere di mira i vuoti abitanti del Ventunesimo secolo inglese, viene da pensare che Joe Stretch sia per certi versi il prodotto letterario distruttivo tipico dell'epoca in corso, su cui si abbatte il suo fiero - mai altezzoso - disprezzo. Lui non si tira fuori dalla miseria attorno: "Tanto siamo tutti infelici, ognuno a modo suo: life is shit, sono uno della vecchia scuola in verità. Però possiamo fare del nostro meglio", dice. Il che include letteratura, arte, opposizioni "al pensiero dominante e alla stupidità dilagante".

‟Come i nazisti hanno vinto la guerra”. Intervista a Kevin MacDonald

‟Come i nazisti hanno vinto la guerra”. Intervista a Kevin MacDonald

‟Svolgendo delle ricerche per un documentario su Jacques Vergès, ho cominciato a interessarmi a uno dei suoi casi, quello di Klaus Barbie. Non era soltanto una storia straordinaria e incredibile, ma conteneva tutti gli elementi fondamentali presenti nel mondo contemporaneo. I nostri governi utilizzano ancora delle organizzazioni e degli individui discutibili al servizio delle loro cause e poi ne pagano le conseguenze. Consideriamo, per esempio, il sostegno degli Stati Uniti ai talebani negli anni ottanta o quello riservato a Saddam Hussein nello stesso periodo. Io volevo mostrare come, anche se ci viene insegnato che il nazismo è stato battuto alla fine della Seconda guerra mondiale, nella realtà ha continuato a essere sfruttato dai vincitori per costruire il mondo in cui viviamo oggi. Il film avrebbe anche potuto intitolarsi ‘Come i nazisti hanno vinto la guerra’.”

Sei volte Bisio. Vi pare poco? Un’intervista

Sei volte Bisio. Vi pare poco? Un’intervista

Claudio Bisio arriva di corsa. E con l'etichetta del prezzo ancora attaccata ai pantaloni nuovi. Dice: ‟Mi sa che mi sono vestito troppo in fretta”. Sorride, strappa il cartellino e si butta su una poltrona. Rilassato e inquieto. Lui è così, un tipo doppio: uno che si muove anche se sta fermo. Uno che dice anche se sta zitto. Sarà la faccia, che cambia in continuazione. Saranno gli occhi, che guardano tutto contemporaneamente. Comincia a parlare. E a fare confusione: risponde alle domande prima che tu le abbia finite, e poi chiede: ‟Scusa, che cosa volevi sapere?”. Dice che ha poco tempo, ma poi allarga le risposte all'infinito. Saluta tutti quelli che provano a interrompere l'intervista, assicura che non disturbano affatto: e poi li mette alla porta. Dice di essere un ottimista e intanto ha gli occhi tristi. È qui per parlare del suo presente da star, ma continua a evocare il suo passato barricadero (‟Avevo vent'anni nel '77, non so se mi spiego”). Essere tutto e il contrario di tutto è, forse, nella sua natura…

Maradona: intervista a Emir Kusturica

Maradona: intervista a Emir Kusturica

”Faccio parte dei milioni di persone sparse in tutto il mondo che nel 1986 hanno fatto i salti di gioia per i due gol che ha segnato contro l’Inghilterra. Quella partita ha rappresentato, forse, la prima e l’ultima occasione di giustizia nel mondo. L’Argentina e la Serbia sono state schiacciate dalla potenza occidentale del Fmi ma continuano a lottare, e questo mi fa sentire vicino a Maradona. Oltretutto, in Serbia Diego è molto popolare e il nostro calcio somiglia a quello degli argentini. E poi qualcuno mi ha persino definito il Maradona del cinema... E poi che ogni volta che leggevo un libro o degli articoli di giornale su di lui, oppure ne sentivo parlare alla radio, mi accorgevo che nessuno gli rendeva davvero giustizia.”